sabato 30 aprile 2011

VENGA AD AUGUSTA, SIGNOR PRESIDENTE

Lettera aperta al Presidente della Repubblica italiana
nel 150 anniversario dell’unità d’ Italia
da parte di un cittadino comune che fa fatica a considerarsi italiano come gli altri.

Venga Presidente.

Egregio Sig. Presidente,

nel settembre 2005 inviavo al suo predecessore una petizione sottoscritta da 2500 cittadini maggiorenni di Augusta, identificabili con numero documento di identità riportato accanto alle loro firme rigorosamente autografe.
Con tale petizione si invitava il suo predecessore ad una visita di stato ad Augusta. Non era stato ancora programmata la visita successivamente avvenuta il 12 gennaio 2006.
A visita avvenuta la segreteria generale della Presidenza volle scusarsi adducendo la motivazione che la petizione era arrivata fuori tempo, quando il programma della visita era stato definito. Ovviamente non era facile venire in provincia di Siracusa e parlare di territorio dichiarato dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità e subito dopo venire a visitare l’altra parte del territorio della stessa provincia che potrebbe essere considerato a buon diritto “pattumiera dell’umanità”.
All’epoca già erano censiti ben 18 impianti a rischio di incidente rilevante e altri 7 erano già stati programmati. Il tutto su una delle aree già dichiarate a rischio ambientale oltre che a rischio sismico e militare.
L’unico accenno che il suo predecessore volle fare nel suo discorso su tale vicenda fu quello che riporto nelle righe seguenti.
Dal Discorso di Ciampi a Siracusa il 12 gennaio 2006.
Rinnovo a tutti voi quelle esortazioni; ben sapendo che la concertazione fra tutte le istituzioni e tutte le forze sociali ed economiche impegnate in progetti di sviluppo non è cosa semplice. Occorre fare scelte difficili, e avere il coraggio di farle, soppesandone i costi e i benefici. Ma soprattutto occorre essere convinti della utilità, della necessità del "dialogo", ed avere la forza, l'umiltà, la pazienza di praticarlo.
Bisogna conciliare, nel rispetto delle vocazioni naturali del territorio, opinioni, progetti, esigenze tra loro talvolta contrastanti: come quelle fra lo sviluppo industriale e la protezione, anch'essa necessaria ed anzi prioritaria, dell'ambiente e della salute dei cittadini. A riparare i danni e il degrado derivanti da incurie del passato bisogna provvedere con alto senso di responsabilità.
Ma nessuna provincia o regione, e certo non la provincia di Siracusa, con il suo ancor valido polo petrolchimico, può ignorare l'importanza dell'industria, e le ricadute positive che le grandi imprese hanno avuto ed hanno su tutto il tessuto produttivo ed economico del territorio.
E non hanno certo importanza secondaria agricoltura e turismo. E' giusto indirizzare sempre più l'agricoltura verso produzioni di alta qualità: è quello che, del resto, già si sta facendo, come ho potuto constatare in tutte le mie visite alle province siciliane.
CARLO AZEGLIO CIAMPI
Purtroppo, lo dico con grande rammarico, la venuta di Ciampi a Siracusa fu una grande delusione, soprattutto perché 2500 cittadini non ebbero la risposta che si aspettavano, così come il territorio che attendeva una sua visita.
Grande delusione conservo ancora nel cuore, riguardo un altro suo predecessore, Cossiga, che in occasione del terremoto del 13 dicembre 1990, non si degnò di portare la solidarietà della Nazione ai terremotati siciliani. Venne il mese dopo in Sicilia per inaugurare il tribunale di Gela, ma neanche di passaggio si fermò a visitare le tendopoli dei terremotati.
Rinnoviamo, oggi quello stesso invito alla sua persona, sperando che - nell’anno del 150° - possa trovare accoglienza.
Mi permetta però, Signor Presidente di usare dei toni forti per quest’invito, ma sono costretto a farlo in difesa della mia terra e della gente di questo territorio.
Nella E-mail che le ho inviato lo scorso 23 aprile, ho parlato di un “ANNIENTAMENTO PROGRAMMATO” della popolazione di questo territorio, ma ho valide ragioni da esporre.













Venga, Signor Presidente, a vedere anche le piccole realtà e non solo quelle dei capoluoghi;
venga, Signor Presidente, in quell’area dichiarata a rischio nel lontano 30 novembre 1990 per dirci quanto di quel decreto è stato attuato e ci spieghi perché la chiusura dell’ospedale di Augusta è un fatto ineluttabile;
venga, Signor Presidente, a parlarci dell’art. 32 della costituzione, ma dopo aver incontrato i medici del territorio di Augusta;
venga, Signor Presidente, a parlare di tutela della salute in un luogo dove l’ospedale è considerato superfluo, ma dopo aver letto l’atlante delle patologie,
venga a parlare del valore e della la tutela della vita in una terra dove una donna su due abortisce,
venga a dire una parola di conforto a quelle donne che hanno dovuto sacrificare le loro creature per non vederle nascere con gravi handicap;
venga a consolare le mogli ed i figli dei tanti morti di cancro di Augusta;
venga, Signor Presidente, a parlarci di tutela dell’ambiente e del paesaggio, ma solo dopo aver visto l’area circostante il porto di Augusta;
venga Presidente a parlare di smaltimento di rifiuti, ma solo dopo aver detto che nei fondali del porto di Augusta giacciono 18 milioni di metri cubi di fanghi tossici;
venga a mangiare il pesce al mercurio del nostro mare che si continua a vendere nell’indifferenza;
venga, Signor Presidente, a spiegarci il perché mentre l’Europa dice che “chi inquina paga” qui “chi ha inquinato non deve pagare” addirittura non è perseguibile e per di più ottiene il condono.
venga a parlare di sicurezza lavoro nel luogo dove si registra un incidente ogni cinque giorni,
venga, Signor Presidente, a parlare della dignità del lavoro in un territorio dove gli incidenti vengono taciuti o minimizzati,
venga a parlare ai proprietari delle aziende del polo petrolchimico per dire loro che la vita e la salute vengono prima del profitto;
venga a parlare di lavoro ed occupazione in un luogo dove il tasso di disoccupazione è inversamente proporzionale alla ricchezza prodotta;
venga a parlare di libertà in una terra dove il ricatto occupazionale condiziona drammaticamente la vita sociale degli abitanti;
venga, Signor Presidente, a parlare di democrazia in un territorio in cui la volontà popolare evidente e plebiscitaria espressa con due referendum è stata vilipesa da istituzioni compiacenti ed asservite alle lobby economiche;
venga a parlare di sicurezza su una delle aree più sismiche del paese, ma dove una cordata di imprenditori senza scrupoli vuole realizzare per forza un rigassificatore di cui il territorio non ha alcun bisogno;
venga a vedere come ancora esistono ferite ancora aperte dal terremoto del 1990 benché siano passati due decenni,
venga a vedere una città potenzialmente ricca, ma depredata da chi vorrebbe un federalismo ladro e bugiardo;
venga a parlarci di futuro, di sviluppo, di turismo e di beni storici, artistici e culturali, ma dopo aver sostato sulle rovine di Megara Hiblaea ……….
Venga, non ci deluda, ci faccia capire che l’Italia è una!
Brucoli, 30 aprile 2011
Sac. Prisutto Palmiro

Link utili:
http://www.quirinale.it/qrnw/statico/ex-presidenti/Ciampi/dinamico/visita.asp?id=28399
http://www.quirinale.it/qrnw/statico/ex-presidenti/ciampi/dinamico/discorso.asp?id=28397
http://www.radioradicale.it/scheda/86963/87268-visita-del-presidente-della-repubblica-oscar-luigi-scalfaro-a-siracusa-presso-la-prefettura

sabato 23 aprile 2011

INVITO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Egregio Presidente,
nel 150 anniversario dell’unità d’Italia,
con la presente la invitiamo a realizzare una visita di stato nella città di Augusta.
Nel corso di questa visita, da lei, nella qualità di garante dell’unità nazionale e dei valori e dei diritti costituzionali, vogliamo sapere se quanto sta accadendo ad Augusta e dintorni sia da ritenersi rispettoso o meno della costituzione o sia in atto una palese violazione di questi diritti, con il “programmato annientamento” della popolazione e del territorio.
Non possiamo più accettare supinamente tutto ciò che sta devastando la salute e la vita degli abitanti di questa zona, ammesso che questa parte di territorio sia terra italiana alla pari del resto d’Italia.
Augusta, 23 aprile 2011
Sac. Prisutto Palmiro
Parroco di Brucoli
Carta identità comune di Augusta
n. AJ8572587
palpri@libero.it

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giovedì 17 marzo 2011

Ambiente & Veleni

DAL BLOG di Domenico Valter Rizzo

Ambiente & Veleni | di Domenico Valter Rizzo da Il Fatto Quotidiano

14 marzo 2011

Terremoti, centrali nucleari e rigassificatori

Sarebbe molto facile muoversi sull’onda emotiva generata dalle notizie drammatiche che arrivano dal Giappone per dire un no al nucleare di tipo ideologico, per denunciarne il pericolo. Credo invece che le ondate emotive si esauriscano con lo scendere delle notizie lungo le scalette dei telegiornali. Occorre invece a mio parere fermarsi a ragionare su alcune considerazioni, partendo dai fatti che emergono dalla catastrofe giapponese. E’ utile farlo lasciando da parte le facili emozioni. Mi occuperò di tre fatti e quindi mi permetterò alcune considerazioni su una realtà specifica.

Primo fatto: Il Giappone affronta la crisi più drammatica della sua storia dovendo fare i conti con un sisma che ha rilasciato un’energia spaventosa, pari quasi a nove punti di magnitudo. Si è detto che scosse con analoghe liberazioni di energia non sono possibili nel nostro Paese. La storia ci dice che non è così. Il disastro di Messina e Reggio ha visto, nel 1908 liberazioni di energia superiore a magnitudo 7. Sempre in Sicilia orientale scorre la faglia ibleo maltese che ha provocato analoghe liberazioni di energia nel 1693 e che nel 1990 ha provocato il terremoto di Santa Lucia che, pur con una minore liberazione di energia, ha prodotto vittime e ingentissimi danni. Vi è poi, dall’altra parte dell’Isola, il sistema del Belice che portò al disastro del 1968. Tutto il sistema appenninico è centro di instabilità. Questo sistema, nelle sue varie articolazioni ha provocato terremoti disastrosi (Irpinia, Umbria, San Giuliano, L’Aquila, solo per citare i casi più eclatanti). Il sistema alpino anch’esso, come tutte le grandi catene montuose è centro di instabilità sismica (terremoto del Friuli), per farla breve non esiste regione italiana, fatta eccezione forse per la Sardegna esente da alti livelli di rischio sismico.

In alcuni regioni, come la Sicilia e la Campania questo rischio si somma a quello vulcanico.
Secondo fatto: il disastro giapponese avviene sì a causa di una scossa disastrosa, ma avviene, e questo è il dato importante, nel Paese dove vi è il più alto livello mondiale di strutture antisismiche. Tutte le tecnologie antisismiche più avanzate sono attive su quel territorio con strutture di pronto intervento che sono le più preparate a livello mondiale per far fronte a terremoti gravi. Basti pensare che in Giappone scosse di magnitudo 7 difficilmente fanno vittime, da noi la strage dell’Aquila è stata provocata da una scossa mille volte inferiore a quella che si è abbattuta sul Giappone.



Insomma il disastro provocato da una straordinaria liberazione di energia avviene in un Paese preparatissimo. Cosa che non può certo dirsi per l’Italia che pure vive condizioni di rischio se non analoghe comunque altissime.



Terzo fatto: la fragilità delle strutture industriali pericolose, prime fra tutte le centrali nucleari e i petrolchimici.

Quelli giapponesi, costruiti con altissimi livelli di sicurezza antisismica, sono nello stato che sappiamo. Non solo le esplosioni e le tragedie radioattive che ci riportano alle spettrali e purtroppo profetiche immagini del sesto episodio di “Sogni” di Akira Kurosawa, ma anche i lampi di fuoco che avvolgevano il grande impianto di raffinazione e di trasformazione di prodotti petrolchimici. Quegli impianti in fiamme, quelle esplosioni ci dicono quello che potremmo vedere sul nostro territorio e segnatamente in Sicilia, una Regione indicata tra quelle dove installare le centrali nucleari e dove comunque risiede il più grande impianto petrolchimico del mediterraneo, quello di Priolo/Melilli, in provincia di Siracusa, sulla Costa Orientale siciliana e alza le sue ciminiere a circa sei miglia dalla faglia ibleo-maltese quella che ha provocato il disastroso terremoto del 1693 e quello del 12 dicembre del 1990. In quest’area, dicono gli esperti dell’INGV, è statisticamente atteso un terremoto di livello distruttivo.

Questi che ho illustrato sono fatti, adesso parliamo dei progetti. Logica vorrebbe che essi, in un territorio di tal fatta, fossero concentrati sulla riduzione del rischio sismico. Non è così. A Priolo non bastano le raffinerie, i grande depositi che stoccano benzina, gasolio, kerosene, greggio e altri prodotti ad altissimo rischio e ad altissimo tasso di inquinamento.

Nei progetti del Governo, avallati con rapida firma, dal ministro per l’ambiente Stefania Prestigiacomo, la cui famiglia ha da sempre più di un interesse imprenditoriale nel petrolchimico, vi è adesso anche quello di impiantare, in questa enorme polveriera, anche un gigantesco rigassificatore. Un impianto che dovrebbe esser realizzato dalla Ionio Gas, una società che vede al suo interno, attraverso vari intrecci societari, il petroliere Garrone, la Shell, ma soprattutto i russi della Lukoil, una delle grandi compagnie energetiche che stanno nel cuore di Vladimir Putin. Sarà solo per mera coincidenza che il Governo italiano, presieduto dal suo grande amico Silvio Berlusconi, stia premendo in ogni modo per superare ogni ostacolo e aprire la via alla realizzazione del mega impianto. Il tutto in una delle aree più sismiche del pianeta.

Ma a sostenere il progetto del rigassificatore non è solo il Governo. C’è anche uno stranissimo schieramento trasversale, tra petrolieri, imprenditori antimafia e politici, a volte di opposti schieramenti tutti uniti in una ben strana Santa Alleanza a favore del rigassificatore.

Dall’impianto non arriverebbe una massa di posti di lavoro, le ricadute occupazionali sono modeste, ma di sicuro arriverebbe un fiume di soldi. Denaro prodotto non solo dalla costruzione, dalle gestione e dalla manutenzione del rigassificatore, ma anche dalla valorizzazione dei terreni limitrofi. Terreni il cui valore avrebbe una forte rivalutazione perchè accessibili dalla catena del freddo generata, come prodotto di risulta, dal mega impianto. Freddo a costo zero, prezioso per le industrie di surgelamento alimentare. Terreni, vecchi capannoni rugginosi e cadenti, che fino a poco tempo fa valevano zero e che, grazie al mega impianto arriverebbero a valere cifre a molti zeri.

E… se Atlante si scuote… chi se ne frega.

mercoledì 16 marzo 2011

giovedì 27 gennaio 2011

IL TERREMOTO DEL 1990 NELLA BANCA DATI DELL'INGV

Earthquake of 13 December 1990
information by individual locality - Augusta

Nel 1990, questa località aveva 39.137 abitanti. La distribuzione dei danni ha evidenziato 3 zone di effetti cui furono attribuiti da De Rubeis et al. (1) 3 diversi gradi di intensità: il grado attribuito alla Borgata Nord è VIII; il grado d'intensità attribuito alla Borgata Sud è VII; il grado d'intensità attribuito alla Borgata Paradiso è VI-VII. Questa attribuzione dei danni è sostanzialmente congruente con il quadro degli effetti emerso dal vaglio dei questionari macrosismici compiuto dalla camera territoriale della Protezione Civile (2).
Il terremoto causò danni rilevanti al 60% circa degli edifici in cemento armato di recente costruzione nel Rione Borgata, dove furono osservate significative rotazioni del primo e del secondo impalcato (3). Danni leggermente meno gravi furono riscontrati nella cosiddetta "isola" del centro storico, caratterizzata da terreni più coerenti (4): una prima rilevazione dei danni al patrimonio artistico segnalò genericamente danni agli edifici del '700 (5). In u n appartamento posto all'ottavo piano di un edificio del centro storico, furono osservate profonde rigature, lunghe fino a 90 centimetri, causate dallo forte vibrazione di un letto sul pavimento in parquet. Oltre alla Borgata Nord, presentò gravi danni anche la zona delle case popolari.
La situazione nella zona industriale del complesso petrolchimico fu definita tranquillizzante. Il terremoto causò la caduta di 12 bare dai loculi a muro del cimitero e danni ad alcuni loculi a colombaia e ad alcune lapidi (6). Furono riscontrati danni alla chiesa madre e ad altre due chiese; il palazzo comunale e la casa di cura "Salus" furono chiusi a causa delle lesioni (7). Non furono segnalati danni al pontile a mare (8). Le strutture portanti degli edifici resistettero generalmente bene, mentre in molti edifici fu rilevato il cedimento delle tamponature e dei rivestimenti. Solo in pochi casi furono rilevati danni strutturali rilevanti, quali lesioni di taglio nei pilastri della prima elevazione (9). Furono osservate lesioni da taglio e, in misura minore, da schiacciam ento, nella maggior parte delle murature (10). Furono rilevati crolli parziali di edifici scadenti, soprattutto con muratura a sacco, in direzione di Brucoli e Villasmundo (11).
Un sopralluogo effettuato due giorni dopo il terremoto evidenziò che la scossa aveva danneggiato le strutture soprattutto nei primi piani, mentre ai piani alti ebbero danni prevalentemente le suppellettili. Nel centro storico, furono dichiarati parzialmente inagibili: gli edifici del Municipio, la sede dell'USL 27 e della medicina di base, l'autoparco comunale. Gli uffici della Pretura furono chiusi a scopo precauzionale, e circa in metà delle chiese furono riscontrate lesioni (12).
A tre giorni dalla scossa principale, fu riscontrato che il terremoto aveva danneggiato il 30% del patrimonio edilizio abitativo e il 50% di quello scolastico (13).
La replica del 16 dicembre causò la morte per infarto di un'anziana e ulteriori lesioni. Il carcere, di costruzione recente e provvisto di strutture antisismiche, resistette bene (14).
Gli edifici pubblici totalmente inagibili furono 22; gli edifici privati inabitabili furono 368. Le scuole danneggiate furono 19, delle quali 13 furono dichiarate inagibili: 9 scuole erano nel Rione Borgata; nel centro storico, furono danneggiate una scuola media e una scuola elementare. Resistettero invece le scuole medie "Todaro", di recente costruzione, e la scuola elementare di via delle Saline. Gli edifici della cittadella degli studi nella zona sud dell'area nel centro storico detta "isola" non ebbero danni (15).
Il terremoto causò il ferimento di circa 40 persone (16). Secondo un'altra fonte giornalistica, a otto giorni dalla scossa principale vi furono 65 feriti (17). Rimasero senza tetto 300 famiglie, per un totale di 2.250 persone; la provincia di Siracusa dispose per questa località uno stanziamento di 1,3 miliardi (18). A otto giorni dalla scossa principale, i senzatetto erano saliti a 3.000 (19).




(1)
De Rubeis V., Gasparini C., Maramai A. e Anzidei A.
Il terremoto siciliano del 13 dicembre 1990, in "Contributi allo studio del terremoto della Sicilia orienta le del 13 dicembre 1990", a cura di E.Boschi e A.Basili, pp.9-44.
Roma 1993
(2)
Appunti sugli effetti del terremoto del 13.12.1990, Camera territoriale della Protezione civile.
Augusta 1991
(3)
De Rubeis V., Gasparini C., Maramai A. e Anzidei A.
Il terremoto siciliano del 13 dicembre 1990, in "Contributi allo studio del terremoto della Sicilia orientale del 13 dicembre 1990", a cura di E.Boschi e A.Basili, pp.9-44.
Roma 1993
Appunti sugli effetti del terremoto del 13.12.1990, Camera territoriale della Protezione civile.
Augusta 1991
(4)
De Rubeis V., Gasparini C., Maramai A. e Anzidei A.
Il terremoto siciliano del 13 dicembre 1990, in "Contributi allo studio del terremoto della Sicilia orientale del 13 dicembre 1990", a cura di E.Boschi e A.Basili, pp.9-44. Roma 1993
(5)
Segnalazioni di danni al patrimonio Architettonico-Culturale causati dal terremoto del 13.12.1990, Istituto Nazionale di Geofisica (inedito). 1991 < P>
(6)
ANSA, Notiziario italiano, 1990.12.13. Roma 1990
Appunti sugli effetti del terremoto del 13.12.1990, Camera territoriale della Protezione civile.
Augusta 1991
(7)
ANSA, Notiziario italiano, 1990.12.13. Roma 1990
(8)
La Sicilia, 1990.12.13, a.46, n.341. Catania 1990
(9)
Appunti sugli effetti del terremoto del 13.12.1990, Camera territoriale della Protezione civile.
Augusta 1991
(10)
Appunti sugli effetti del terremoto del 13.12.1990, Camera territoriale della Protezione civile.
Augusta 1991
(11)
Appunti sugli effetti del terremoto del 13.12.1990, Camera territoriale della Protezione civile.
Augusta 1991
(12)
La Sicilia, 1990.12.15, a.46, n.343. Catania 1990
(13)
La Sicilia, 1990.12.16, a.46, n.344. Catania 1990
(14)
La Sicilia, 1990.12.17, a.46, n.345. Catania 1990
(15)
La Sicilia, 1990.12.18, a.46, n.346. Catania 1990
Secolo d'Italia, 1991.01.03. Roma 1991
(16)
La Sicilia, 1990.12.15, a.46, n.343. Catania 1990
(17)
La Sicilia, 1990.12.21, a.46, n.349. Catania 1990
(18)
ANSA, Notiziario italiano, 1990.12.15. Roma 1990
(19)
La Sicilia, 1990.12.21, a.46, n.349. Catania 1990



local effects on the environment - Augusta
In seguito al terremoto furono osservate fessure nell'asfalto nel piazzale Fontana, adiacente allo stadio, secondo una prevalente direzione N-S; nello stesso luogo fu osservata la risalita di fluidi probabilmente dovuta a processi di liquefazione dei materiali utilizzati per la bonifica delle antiche saline, mentre, all'interno dello stadio, si verificò l'affioramento di larghe chiazze di pirite attraverso la formazione di minuscoli vulcanetti (1). Alcuni marinai che si trovavano al largo percepirono un'onda anomala in concomitanza con il terremoto. Alcune persone che si trovavano all'aperto affermarono di aver osservato fenomeni luminosi e di aver percepito rombi sotterranei (2). La strada costiera in Contrada Granatello fu invasa dall'acqua del mare, che poco prima del terremoto si intorbidò e increspò in modo anomalo. Fu osservato inoltre un fungo d'acqua che si elevava per un'altezza non precisata dal mare (3).
(1)
De Rubeis V., Gasparini C., Maramai A. e Anzidei A.
Il terremoto siciliano del 13 dicembre 1990, in "Contributi allo st udio del terremoto della Sicilia orientale del 13 dicembre 1990", a cura di E.Boschi e A.Basili, pp.9-44.
Roma 1993
Appunti sugli effetti del terremoto del 13.12.1990, Camera territoriale della Protezione civile.
Augusta 1991
(2)
De Rubeis V., Gasparini C., Maramai A. e Anzidei A.
Il terremoto siciliano del 13 dicembre 1990, in "Contributi allo studio del terremoto della Sicilia orientale del 13 dicembre 1990", a cura di E.Boschi e A.Basili, pp.9-44.
Roma 1993
(3)
Appunti sugli effetti del terremoto del 13.12.1990, Camera territoriale della Protezione civile.
Augusta 1991












earthquake of 13 December 1990
state of earthquake's review
Questo terremoto non è elencato nel Catalogo PFG (1985), per cui la ricerca è stata sviluppata "ex novo". Sono state utilizzate fonti sismologiche, bibliografia scientifica, fonti giornalistiche, fonti istituzionali.
È stato utilizzato lo studio monografico di De Rubeis et al. (1993) (1), pubblicato dall'Istituto Nazionale di Geofisica; tale studio è basato su un esame comparativo fra i risultati di un'indagine sul posto, che ha rilevato effetti in 45 comuni dell'area colpita, e le elaborazioni dei risultati di circa 2.000 risposte al questionario macrosismico dell'ING.
La rete informativa dell'ING, sulla base della quale sono stati reperiti i dati per questo evento, è basata su un complesso questionario, che rileva gli effetti sismici sulle persone, gli oggetti e l'ambiente, costituito da 77 domande, delle quali 39 riguardano gli effetti sulle persone e sugli oggetti, 18 gli effetti sull'ambiente e 20 gli effetti sugli edifici (sud divisi in tre gruppi: costruzioni scadenti, medie, ottime). I risultati sintetici di tale questionario sono confluiti nel "Bollettino Macrosismico 1990" a cura di Gasparini e Vecchi (1993) (2), pubblicato dall'ING.
Le informazioni contenute in questo studio scientifico sono state integrate dalle informazioni contenute nello studio di Lo Giudice e Rasà (1990) (3), un'indagine macrosismica realizzata dall'Istituto Internazionale di Vulcanologia di Catania, che contiene una prima valutazione degli effetti sull'ambiente e propone una spiegazione dei diffusi crolli di edifici in molte località, e da un documento elaborato dalla Camera territoriale della Protezione civile (Appunti... 1991) (4), riguardante gli effetti ad Augusta.
La ricerca è stata integrata dal vaglio sistematico dei dispacci dell'ANSA e dal vaglio di alcune corrispondenze giornalistiche afferenti a 2 testate. I dispacci dell'agenzia ANSA dal 13 al 15 dicembre 1990 (5) contengono infor mazioni sintetiche e precise, sulle quali si sono basati i giornali per le loro prime corrispondenze. Sono stati inoltre utilizzati gli articoli pubblicati nel quotidiano "La Sicilia" fra il 13 e il 27 dicembre 1990 e un articolo pubblicato il 3 gennaio 1991 dal quotidiano "Secolo d'Italia". Gli articoli tratti dal quotidiano "La Sicilia" sono corrispondenze redatte da alcuni inviati che raccolsero le informazioni direttamente nei luoghi dove si ebbero i maggiori danni. Essendo la testata edita a Catania, sono state reperite informazioni molto dettagliate riguardo agli effetti in questa città. La corrispondenza giornalistica pubblicata nel "Secolo d'Italia" è stata utile ai fini di questa ricerca perché presenta i dati stilati dalla Protezione civile riguardanti i danni al patrimonio immobiliare e il numero dei senzatetto nelle tre province colpite dal terremoto. Sono stati inoltre presi in esame i contributi scientifici di : Boschi e Basili (1993) (6); Amato et al. (1995) (7); Dall'Aglio et al. (1995) (8); Di Bona et al. (1995) (9); Giardini et al. (1995) (10).
Sono stati infine analizzati i provvedimenti legislativi adottati per la ricostruzione: è stato compiuto un vaglio della maggior parte della produzione legislativa riguardante questo evento, dai decreti legge presentati dal governo al dibattito parlamentare per la conversione in legge dei decreti, al testo finale della legge di conversione 3 luglio 1991, n.195 (Gazzetta ufficiale, n.303, 1990; n.154, 1991; Camera dei Deputati 1992; Senato della Repubblica 1992 (11).










(1)
De Rubeis V., Gasparini C., Maramai A. e Anzidei A.
Il terremoto siciliano del 13 dicembre 1990, in "Contributi allo studio del terremoto della Sicilia orientale del 13 dicembre 1990", a cura di E.Boschi e A.Basili, pp.9-44.
Roma 1993
(2)
Gasparini C. e Vecchi M. (a cura di)
Bollettino macrosismico 1990, Istituto Nazionale di Geofisica.
Roma 1991
(3)
Lo Giudice E. e Rasà R.
Indagine macrosismica sul terremoto ibleo del 13/12/1990: prime valutazioni, CNR-Istituto Internazionale di Vulcanologia di Catania (inedito).
1990
(4)
Appunti sugli effetti del terremoto del 13.12.1990, Camera territoriale della Protezione civile.
Augusta 1991
(5)
ANSA, Notiziario italiano, 1990.12.13.
Roma 1990
ANSA, Notiziario italiano, 1990.12.14.
Roma 1990
ANSA, Notiziario italiano, 1990.12.15.
Roma 1990
(6)
Boschi E. e Basili A. (a cura di)
Contributi allo studio del terremoto della Sicilia orientale del 13 dicembre 1990.
Roma 1993
(7)
Amato A., Azzara R., Basili A., Chiarabba C., Cocco M., Di Bona M. e Selvaggi G.
Main shock and aftershocks of the December 13, 1990, Eastern Sicily earthquake, in "Annali di Geofisica", vol.38, pp. 255-266.
Roma 1995
(8)
Dall'Aglio M., Quattrocchi F. e Tersigni S.
Geochemical evolution of groundwater of the Iblean Foreland (Southeastern Sicily) after the December 13, 1990 earthquake (M=5.4), in "Annali di Geofisica", vol.38, pp.309-329.
Roma 1995
(9)
Di Bona M. Cocco M., Rovelli A., Berardi R. e Boschi E.
Analysis of strong-motion data of the 1990 Eastern Sicily earthquake, in "Annali di Geofisica", vol.38, pp.283-300.
Roma 1995
(10)
Giardini D., Palombo B. e Pino N.A.
Long-period modelling of MedNet waveforms for the December 13, 1990 Eastern Sicily earthquake, in "Annali di Geofisica", vol.38, pp.267-282.
Roma 1995
(11)
Gazzetta ufficiale della Repubblica Italiana, a.131, n.303 (31 dicembre 1990), Decreto-legge 29 dicembre 1990, n.414, Provvedimenti in favore delle popolazioni delle province di Siracusa, Catania e Ragusa colpite dal te rremoto nel dicembre 1990 ed altre disposizioni in favore delle zone colpite da eccezionali avversità atmosferiche nell'autunno 1990.
Roma 1990
Gazzetta ufficiale della Repubblica Italiana, a.132, n.154 (3 luglio 1991), Legge 3 luglio 1991, n.195, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 maggio 1991, n.142, recante provvedimenti in favore delle popolazioni delle province di Siracusa, Catania e Ragusa colpite dal terremoto nel dicembre 1990 ed altre disposizioni in favore delle zone danneggiate da eccezionali avversità atmosferiche dal giugno 1990 al gennaio 1991.
Roma 1991
Camera dei Deputati, Legislatura X, Atti Parlamentari, Disegni di legge - Relazioni - Documenti, vol.204, n.5638, Disegno di legge presentato dal Presidente del Consiglio dei Ministri (Andreotti) e dal Ministro per il Coordinamento della Protezione Civile (Capria) di concerto col Ministro dell'Interno (Scotti) col Ministro del Bilancio e della Progra mmazione Economica (Cirino Pomicino) col Ministro delle Finanze (Formica) col Ministro del Tesoro (Carli) col Ministro dei Lavori Pubblici (Prandini) col Ministro dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato (Bodrato) col Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale (Donat-Cattin) col Ministro per i Beni Culturali e Ambientali "ad interim" (Andreotti) col Ministro del Turismo e dello Spettacolo (Tognoli) e col Ministro dell'Ambiente (Ruffolo), Conversione in legge del decreto-legge 3 maggio 1991, n.142, recante provvedimenti in favore delle popolazioni delle province di Siracusa, Catania e Ragusa colpite dal terremoto nel dicembre 1990 ed altre disposizioni in favore delle zone danneggiate da eccezionali avversità atmosferiche dal giugno 1990 al gennaio 1991.
Roma 1992
Camera dei Deputati, Legislatura X, Atti Parlamentari dell'Assemblea, Discussioni, vol.81, Seduta dell'11 giugno 1991, Discussione del disegno di legge: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 3 maggio 1991, n.142, recante provvedimenti in favore delle popolazioni delle province di Siracusa, Catania e Ragusa colpite dal terremoto nel dicembre 1990 ed altre disposizioni in favore delle zone danneggiate da eccezionali avversità atmosferiche dal giugno 1990 al gennaio 1991 (5638).
Roma 1992
Senato della Repubblica, Legislatura X, Atti Interni, Disegni di legge e relazioni, vol.106, n.2588, Disegno di legge presentato dal Presidente del Consiglio dei Ministri (Andreotti) e dal Ministro per il Coordinamento della Protezione Civile (Lattanzio) di concerto col Ministro dell'Interno (Scotti) col Ministro del Bilancio e della Programmazione Economica (Cirino Pomicino) col Ministro delle Finanze (Formica) col Ministro del Tesoro (Carli) col Ministro dei Lavori Pubblici (Prandini) col Ministro dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato (Battaglia) col Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale (Donat-Cattin) col Minist ro per i Beni Culturali e Ambientali (Facchiano) e col Ministro del Turismo e dello Spettacolo (Tognoli) comunicato alla Presidenza il 31 dicembre 1990, Conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 1990, n.414, recante provvedimenti in favore delle popolazioni delle province di Siracusa, Catania e Ragusa colpite dal terremoto nel dicembre 1990 ed altre disposizioni in favore delle zone colpite da eccezionali avversità atmosferiche nell'autunno 1990.
Roma 1992






earthquake of 13 December 1990
effects in the social context
Alcuni crolli parziali e totali causarono la morte di 12 persone a Carlentini e il ferimento di circa 300 in varie località. Inoltre, morirono 6 persone per lo spavento.
Secondo quanto riferito dal presidente del Consiglio alla Camera dei Deputati il 3 maggio 1991, i senzatetto furono 14.834. Questo dato indica una maggiore gravità dell'evento rispetto ai dati forniti in gennaio dalla Protezione civile, secondo i quali, nelle province colpite dal terremoto, Catania, Siracusa e Ragusa, i senzatetto sarebbero stati complessivamente 13.390. Già questo dato differiva sostanzialmente dalle prime stime, secondo le quali i senzatetto sarebbero stati 4.720, così ripartiti: 2.250 ad Augusta (48%); 1.200 a Carlentini (25%); 600 a Melilli (13%); 200 a Francofonte (4%); 170 a Siracusa (3,6%); 150 a Lentini (3,2%); 150 a Noto (3,2%). Anche la stima dei senzatetto fornita dal quotidiano "La Sicilia" fu inferiore al dato definitivo: secondo tale testata, in fatti, i senzatetto sarebbero stati 10.026 in provincia di Siracusa, 762 in provincia di Catania e 18 in provincia di Ragusa.
Subito dopo il terremoto furono mobilitati nelle province di Catania e di Siracusa 300 vigili del fuoco dotati di 40 automezzi. Una tendopoli capace di ospitare fino a 500 persone fu allestita nel campo sportivo di Carlentini. Fu disposto l'invio nel Siracusano di due autocolonne militari e di un centinaio di automezzi con tende per 1400 persone. Furono in totale impiegati 500 uomini e 130 automezzi, più altri 200, addetti al montaggio dei prefabbricati, partiti dal centro della protezione civile di Buonfornello.
Furono allertati 1.500 militari dell'unità di pronto impiego e una decina di elicotteri per unità sanitarie. Furono inoltre inviati volontari della Croce Rossa. Dal centro della protezione civile di Buonfornello furono inviati, con 45 automezzi militari, prefabbricati per una superficie coperta complessiva di 2.000 mq. A Len tini furono inviate 150 roulottes, ma dalla sola Carlentini giunsero oltre 1.500 richieste di alloggio. Altri 500 posti letto in tendopoli furono predisposti per l'eventuale montaggio a 3 km. da Catania. Erano stati inviati nelle zone colpite: 250 automezzi di vario tipo, 20 ambulanze, 20 fotoelettriche, 15 macchine operative.
Il ritardo nei soccorsi (circa 3 ore) fu causato principalmente dal fatto che le linee telefoniche erano saltate. In una riunione fra il presidente della Regione Sicilia e i sindaci dei paesi colpiti, avvenuta a due giorni dal terremoto, fu sottolineato che le richieste di aiuti pervenute immediatamente dopo la scossa erano state in gran parte eccessive. Ciò, secondo i sindaci, era indice di una disorganizzazione nella gestione dell'emergenza, di cui sarebbero stati responsabili i sindaci stessi. Fu inoltre evidenziato che i piani di emergenza, da tempo approntati dalla Protezione civile, non erano stati mai completamente diffusi tra la popolazione. S econdo l'opinione riportata dalla stampa, nonostante l'esercito fosse pronto per inviare tende e reparti specializzati, la Protezione civile non sfruttò tempestivamente tale disponibilità. Inoltre, i senzatetto preferirono cercare rifugio nei prefabbricati e nelle scuole riscaldate, lasciando inutilizzate le tende. Il presidente della Commissione Grandi Rischi sottolineò l'importanza della programmazione di strutture adeguate alle emergenze sismiche e la necessità di investimenti preventivi, sia per ridurre la vulnerabilità, specialmente nelle aree a grande densità abitativa, sia per ridurre i costi economici e umani che tali emergenze comportano. Il prefetto Alvaro Gomez y Paloma fu nominato commissario straordinario per coordinare i soccorsi.
Dopo la scossa principale, la linea ferroviaria Alcantara-Randazzo fu bloccata dalle ore 3 alle 10:15 locali a causa di lesioni ai pilastri di alcuni ponti. Fu inoltre chiuso il tratto Taormina-Giar re dalle ore 4 alle 6:20 locali per consentire un sopralluogo sui binari. Il collegamento ferroviario fra Augusta e Agnone Bagni fu interrotto dopo la scossa del 13 dicembre e ripristinato il giorno dopo.
Il caso di Carlentini presentò alcune difficoltà di gestione: al momento del terremoto questa località era amministrata da un commissario regionale da appena 20 giorni. A 5 giorni dalla scossa principale fu chiesta al governo la dichiarazione di calamità naturale, richiesta che fu respinta, in quanto la nuova legge sulla protezione civile conferiva già pieni poteri operativi al commissario straordinario. Questo rifiuto suscitò malcontento e proteste da parte delle popolazioni colpite. La Pretura di Siracusa aprì un'inchiesta su alcuni crolli sospetti di abitazioni nuove in varie zone della provincia, per appurare che non vi fossero stati interventi dolosi compiuti al fine di accedere ai finanziamenti per la ricostruzione.
Il gov erno regionale siciliano stanziò 500 milioni per Carlentini; altri 1.700 milioni furono attinti dal capitolo per le spese impreviste. La provincia di Siracusa stanziò 7 miliardi. Un gruppo di senatori siciliani propose un emendamento alla legge finanziaria, chiedendo uno stanziamento di 100 miliardi per i primi interventi. La Comunità Economica Europea mise a disposizione un fondo in ECU pari a 2 miliardi e 300 milioni di lire.
La legge 3 luglio 1991, n.195, che convertiva un decreto emanato il 29 dicembre 1990 e reiterato due volte prima della conversione, stanziò 150 miliardi di lire a titolo d'integrazione del fondo della Protezione civile. Grazie a tale rifinanziamento la Protezione civile poté sostenere, fra l'altro, le spese necessarie agli interventi d'emergenza nelle province di Siracusa, Catania e Ragusa. Con la stessa legge furono stanziati 30 miliardi, per l'avvio di un programma di adeguamento antisismico degli edifici pubblici della Sicilia orientale definiti "strategici", e 20 miliardi, per la realizzazione di un sistema di sorveglianza sismica estesa alla Sicilia orientale, nonché un sistema di ricerca sui precursori dei terremoti e delle eruzioni e di sorveglianza sui vulcani attivi in Sicilia.
Con la stessa legge fu assicurata alle popolazioni residenti nei comuni siracusani di Augusta, Carlentini, Francofonte, Lentini, Melilli e Noto e nei comuni catanesi di Militello in Val di Catania e Scordia, la proroga per duecento giorni dei mutui bancari e ipotecari pubblici e privati, dei vaglia cambiari, delle cambiali e di ogni altro titolo di credito, nonché la sospensione per diciotto mesi di ogni provvedimento di rilascio immobiliare.
Secondo quanto riferito dal presidente del Consiglio alla Camera dei Deputati il 4 maggio 1991, il Dipartimento della Protezione civile attivò interventi per una somma totale superiore a 161 miliardi di lire: questa somma fu prevalentemente uti lizzata per assicurare un alloggio provvisorio ai 14.834 senzatetto.
























earthquake of 13 December 1990
elements of the local buildings
A Carlentini morirono 12 persone sotto le macerie delle loro abitazioni, e vi furono circa 200 feriti. Il motivo di un così tragico bilancio è attribuibile alla qualità degli edifici crollati: i mattoni erano di tufo e non vi erano pilastri (1).
(1)
La Sicilia, 1990.12.14, a.46, n.342.
Catania 1990

earthquake of 13 December 1990
social and economic effects
A causa del panico suscitato dalla scossa del 16 dicembre, nel carcere di Siracusa scoppiò una rivolta dei detenuti. In seguito alla confusione due reclusi evasero (1). Il carcere era considerato inadeguato già prima del terremoto. A Lentini furono danneggiati i magazzini e i capannoni adibiti allo stoccaggio e alla lavorazione delle arance: ciò creò grande preoccupazione per il futuro dell'economia di questa località, strettamente legata alla coltivazione e al commercio degli agrumi. In seguito alla scossa principale ad Augusta si ebbe l'interruzione dell'erogazione di energia elettrica nel complesso petrolchimico. Fu organizzato un incontro fra presidente della regione, direttore generale del ministero per l'ambiente e i responsabili dell'area industriale per una puntuale applicazione di tutte le regole di sicurezza negli impianti, per ridurre lo stoccaggio di prodotti tossici, per esaminare la criticità delle infrastrutture esterne (nodi stradali, vie di fuga, presidi sanitari, etc.) e per garantire la continuità dell'erogazione di energia elettrica (2). L'attività riprese normalmente cinque giorni dopo.
(1)
La Sicilia, 1990.12.17, a.46, n.345.
Catania 1990
(2)
La Sicilia, 1990.12.18, a.46, n.346.
Catania 1990

earthquake of 13 December 1990
institutional and administrative response
La provincia di Siracusa stanziò 7 miliardi, ripartiti come segue: Carlentini: 1,3 miliardi; Augusta: 1,3 miliardi; Siracusa: 1 miliardo; Noto: 900 milioni; Melilli e Lentini: 400 milioni ciascuna; Avola: 300 milioni; Francofonte: 200 milioni; Rosolini e Priolo: 150 milioni ciascuna; Pachino: 160 milioni; Sortino, Ferla, Floridia, Palazzolo, Solarino: 100; Canicattini Bagni: 80 milioni; Buscemi e Buccheri: 50 milioni ciascuna; Portopalo e Cassaro: 30 milioni ciascuna.








earthquake of 13 December 1990
major earthquake effects
La scossa principale avvenne il 13 dicembre 1990 alle ore 0:24 GMT; seguirono numerose repliche, la più forte delle quali avvenne il 16 dicembre alle ore 13:50 GMT.
La scossa del 13 dicembre delle ore 0:24 GMT interessò circa 250 località situate in provincia di Siracusa e di Catania e fu risentita anche in alcune località situate in provincia di Reggio di Calabria. I paesi più colpiti furono erano tutti situati o sulla costa o nell'immediato entroterra jonico: si tratta di Carlentini, Augusta, Lentini, Melilli, Militello in Val di Catania, Priolo Gargallo. Furono riscontrati danni leggeri anche a Mineo, Scordia, Palagonia, Siracusa. Subirono alcuni leggeri danni anche Caltagirone, Catania e Noto. Furono dichiarati inagibili 6.830 edifici privati, 220 edifici pubblici e 54 scuole, per un numero complessivo di 7.104 edifici.
Nelle località più gravemente colpite furono rilevate gravissime carenze edilizie e altrettanto gravi negl igenze nella valutazione delle caratteristiche dei terreni di fondazione. Fu osservato che le strutture di molti edifici erano fatiscenti e prive di manutenzione (anche di quella ordinaria), che, soprattutto nel centro storico di Catania, molti edifici erano stati ristrutturati al loro interno senza tener conto di criteri statici e antisismici. Quanto ai terreni di fondazione, fu rilevato che le caratteristiche di molti di questi avevano esaltato gli effetti del terremoto, che i sistemi di fondazione erano stati spesso scelti senza tenere conto dei terreni di imposta.
Ad Augusta, furono rilevati danni gravi nelle nuove strutture edilizie in cemento armato del Rione "Borgata", edificato sui terreni prosciugati di vecchie saline; danni più lievi furono riscontrati nella cosiddetta "isola", caratterizzata da terreni più coerenti. Gli edifici pubblici totalmente inagibili furono 22; gli edifici privati inabitabili furono 368. Le scuole danneggiate fur ono 19, delle quali 13 furono dichiarate inagibili. A tre giorni dalla scossa principale, fu riscontrato che ad Augusta era stato danneggiato il 30% del patrimonio edilizio abitativo e il 50% di quello scolastico.
A Carlentini furono complessivamente danneggiati 1.595 edifici: 16 edifici pubblici, 4 scuole e 1.575 edifici privati; i danni più gravi furono riscontrati nelle aree in pendio, a nord e a sud dell'abitato.
A Lentini la sede della caserma dei Carabinieri fu giudicata inagibile; furono riscontrati danni alla stazione ferroviaria, ai magazzini e ai capannoni adibiti allo stoccaggio e alla lavorazione degli agrumi. Le abitazioni danneggiate nella "Zona 167" erano abitate da 36 famiglie; vi furono oltre 200 ordinanze di sgombero. Secondo una perizia effettuata all'inizio di gennaio dalla Protezione civile furono complessivamente danneggiati 579 edifici: 15 edifici pubblici, 550 edifici privati e 14 scuole.
A Melilli il terremoto rese inagibili le scuol e, il Municipio, alcuni edifici comunali, metà della caserma dei Carabinieri, il convento dei frati Cappuccini, le chiese barocche; il centro storico fu chiuso.
A Militello in Val di Catania il terremoto causò danni soltanto negli edifici più vecchi del centro storico. Le case inabitabili furono 80. L'ala settentrionale del Municipio fu dichiarata inagibile. Su 20 chiese, 7 furono giudicate inagibili: la chiesa di S.Nicola, fatta eccezione del transetto; la Madonna della Stella (totalmente inagibile); S.Sebastiano; S.Giovanni; S.Agata; S.Francesco di Paola e la chiesa dell'ex convento dei Cappuccini. La facciata della chiesa del Circolo fu giudicata pericolante; i resti del convento di S.Leonardo furono giudicati da demolire. Nei quartieri bassi, furono seriamente danneggiati Palazzo Maiorana, la torre del castello Barresi, Palazzo dei Re Burdone e Palazzo Niceforo.
In numerose località subirono gravi danni le strutture architettoniche delle chiese. In larga parte della Sicilia sud-orientale, in particolare a Catania e a Noto, sono presenti edifici ecclesiastici di tipologia barocca, ricca di elementi decorativi non strutturali come stucchi, cornicioni sporgenti, balconi, elementi d'angolo, etc.: tali elementi fragili e dalla stabilità assai critica rivelarono una grande vulnerabilità.
La replica del 16 dicembre delle ore 13:50 GMT, localizzata approssimativamente nella stessa area della scossa principale, aggravò i danni causati dalla scossa del giorno 13: furono rilevati crolli di cornicioni, crolli in abitazioni già danneggiate dalla scossa principale, lesioni.







earthquake of 13 December 1990
effects on the environment
Fu osservata la riattivazione di una frana a Palagonia; a Brucoli e ad Ispica furono rilevati alcuni piccoli movimenti franosi e sporadiche cadute di massi.
Ad Augusta si aprirono fessure nell'asfalto e furono rilevati fenomeni di liquefazione nel terreno e di affioramento di larghe chiazze di pirite attraverso minuscoli vulcanetti. Al largo di Augusta fu osservata un'anomalia nel moto ondoso del mare e l'elevazione di un fungo d'acqua. Una strada costiera della contrada Granatello fu invasa dall'acqua.
Al largo di Agnone furono osservate frane sottomarine di rilevanti proporzioni, e fu rilevato il cambiamento del fondale sottomarino. Verosimilmente subì un cambiamento del fondale sottomarino anche il tratto di piattaforma continentale prospicente Brucoli, nel cui canale fu osservata la riattivazione di una sorgente di acqua sulfurea da decenni inattiva. Al largo di Catania furono rilevate frane sottomarine di piccole proporzioni.



earthquake of 13 December 1990
sequence of the earthquake
La scossa principale avvenne il 13 dicembre 1990 alle ore 0:24 GMT. Essa fu seguita da una replica di minore entità alle ore 0:33 GMT e, nei giorni seguenti, da altre due repliche: la prima, leggera, fu registrata il 15 dicembre alle ore 2:34 GMT; la seconda, di forte intensità, avvenne il 16 dicembre alle ore 13:50 GMT. Dopo queste repliche, l'attività sismica diminuì progressivamente, anche a livello strumentale, nel corso di pochi giorni.

martedì 4 gennaio 2011

11 gennaio 1693

Il terremoto del 1693

Trascrizione del testo di:
Salvatore Nicolosi, APOCALISSE IN SICILIA: il terremoto del 1693. Tringale Editore.

"Ma gli uomini e gli elementi aveano congiurato di travagliare in ogni tempo la sempre desolata Augusta e funestissimo più d’ogni altro fu l’anno 1693.
Fin dal 9 gennaro violenti scosse di terremoto e turbini fieri di aggruppati venti atterrirono gli augustani, molti dei quali in una indicibile perplessità fuggirono dall’abitato in luoghi aperti, alzando dapertutto capanne di legno onde scampare ad un eccidio fatale che li minacciava ad ogni istante e bene perloro, avvegnaché il giorno 11 verso 20 ore italiane una violenta scossa fa precipitare tutto l’abitato. La terra sembrò innalzarsi ed ondeggiare; un profondo abisso spalancossi sotto il molo come la voragine d’un vulcano; una densa nube di polvere alzavasi per l’aria, di già ottenebrata da neri nuvoloni; e pioggia e grandine seguita da un turbine di vento alternossi per più d’un’ora. A tal terrore, altri più forti se ne aggiunsero, pei quali il popolo si vide vicino all’ultimo esterminio. Mentre, o si cercavan sotto le macerie i congiunti mutilati e agonizzanti, o si fuggiva all’impazzata gridando misericordia; appiccossi improvvisamente fuoco alle munizioni della cittadella, rovinando il resto delle case, che avean resistito alla furia del terremoto. Né qui finiva l’orrenda catastrofe! Le acque del porto ritiraronsi per più d’un miglio verso le fortezze Garzia e Vittoria, formando un’onda sola e scatenandosi poi con gran fracasso vennero a riversarsi sulle macerie della città. (81) Nulla restò dell’abitato e quel ch’è peggio si ebbero a contare 3.200 vittime del fatale flagello.
Liberi finalmente da quei disastri, fu commovente scena il veder ritornare i cittadini con impresse le vive traccie del terrore, ancora sul viso; e quando tutti fero ritorno, i magistrati, il clero, i religiosi, il popolo, in abito di penitenza implorarono la clemenza divina, girando attorno col Sacramento in processione. (82)
Indi aiutati in gran parte dagli operai che trovavansi numerosi nella ricetta di Malta, misero mano a riedificar le proprie case, e con bella gara si videro dedicare all’improbo lavoro, tutte le braccia senza distinzione d’età, di sesso, di ceto. E prontamente pensossi alla riedificazione d’una sola chiesa, per celebrarvisi i divini sacrifizii e le pubbliche preghiere (83); così nel breve corso di 2 anni, Augusta risorse tutta dalle sue rovine; sicché il viceré duca d’Uzzeda restò meravigliato nel veder prontamente riparati i terribili effetti del terremoto, e volle perciò anch’egli concorrervi apprestando mezzi larghi davvero, qual si dovevavo in quelle tristissimi occasioni (84). Le fortezze furono poi riparate nel 1702 mercé la cura del cardinal Francesco Giudice, allora viceré, il quale volle qui fermarsi tutto il mese di novembre di quell’anno". (pagg. 90-93)

Augusta (ab. 6.173; morti 2.300)
Città demaniale. Tutte le fonti sono concordi nel riportare il numero degli abitanti e quello delle vittime. (pag. 119)








«SI VIDDE PER ARIA UN INFERNO»

"Anche per Augusta, «Città di negozio, bella si per sito, e fabbriche, e ricca per il Mercantile», i "defonti" furono, secondo le notizie di varia fonte, 2.300 a sentire il Boccone, 3.000 secondo il Muglielgini, più di 3.000 secondo il Paglia. L’ultimo "rivelo" le aveva attribuito 6.173 abitanti. La percentuale delle vittime oscillava dunque fra il 40 e il 50 per cento. In quell’«Isola in largo seno di mare», ché su un isola sorgeva ed è tuttora installata la città, il castello fu scompigliato dal terremoto, la «confricazione de’ sassi» produsse scintille e le scintille appiccarono l’incendio alle polveri ammassate nel sotterraneo, le polveri esplosero, il castello volò in pezzi e «si vidde per aria un Inferno». A un rombo sordo, scricchiolante e prolungato che veniva dal suolo e dal sottosuolo si sovrappose un altro rombo, secco ma amplificato da molti echi, sprigionatosi dal castello che saltava in aria: spaventevole fracasso, reso ancor più spaventevole dall’immagine complessiva che si offriva agli spettatori-protagonisti.
Dovette essere davvero una bolgia, per qualche istante: gli edifici «volarono fino in Campagna ad uccidere con pioggie di sassi que’ Cittadini ch’eran scampati dalle rovine». L’acca- demico Muglielgini usò parole terribili e, insieme, patetiche: «ogni sasso che volò à gl’impulsi della polvere formò un gran sepolcro à tutti i Cittadini. Per le campagne viddesi scatenato l’Inferno, mentre una foltissima pioggia di sassi lapidò la vita a quei meschini, che campati erano dal naufraggio della Città».E rincarava la dose, più teatrale e fantasioso, con qualche tocco di macabro, il padre Boccone: «Un Passaggiero, che si trovava distante tre miglia d’Agosta, fatalmente fù colpito in testa da una pietra, portata à volo dall’incendio di essa polvere del Castello. Nella Piazza d’Arme poi di esso castello ad alcuni fù levato il Capo dal busto, ad altri un braccio, é a molti le gambe, e le cosce infrante. Un Bambino lattante, che stava in braccia della Madre hebbe troncata la testa, senza vedersi il feritore, e l’homicida». Inoltre: «Il Mare infuriato spruzzava spaventi, fino a giungere tempestoso alle mura del celebre Convento di S. Domenico: tanto che alcune Galee della Religione di Malta, ch’eran in quel Porto ebbero a sudare, per non patir naufragio».
Quel che, pur danneggiato, riuscì a sopravvivere, fu poco: del castello, che era una costruzione robusta, si salvarono solamente parte dei baluardi; i moli del porto, nei quali si aprirono immense falle; la torre d’Avola (il faro), situata fuori del porto, della quale cadde tuttavia la lanterna. Per il resto: totalmente distrutta la città e un subbisso di morti e feriti. Era stato vano, per molti, correre all’aperto. Non essendoci nella cittadina molte piazze, si poté soltanto restare, tremando di freddo e di paure, sulla strada principale, la più ampia. Ma quando la grande scossa diroccò tutto, le costruzioni dell’una e dell’altra parte si rovesciarono e le pietre strinsero gli augustani da destra e da sinistra, come una tenaglia, e per il moto del suolo li stritolarono.
Fu una strage. «Luctus ubique, pavor, et plurima mortis imago», concludeva Boccone". (pagg. 113-114)