giovedì 23 luglio 2009

On. Berlusconi, un piccolo miracolo per me


Entro novembre ventimila terremotati avranno una casa e vi troveranno anche il frigo e le provviste ….

Egregio Sig. Berlusconi,
in occasione di tutte le passate elezioni nella buca delle lettere di casa mia ho trovato numerose lettere che la S. V. mi ha inviato.
Qualcuna l’ho letta, altre le ho messe di lato, qualche altra l’ho cestinata.
Stavolta le scrivo io, cittadino qualunque di un’altra zona (forse) d’Italia.
Lei di lettere ne ha spedite a milioni di italiani, gratis,naturalmente.
Io ieri per spedire due raccomandate (una al capo dello Stato e l’altra al suo capo della Protezione civile) ho speso appena …. 22 euro.
Non so se avrà il tempo di leggere questa lettera, considerati i suoi infiniti impegni, ma non sarebbe un buon segno se questa mia lettera rimanesse senza risposte adeguate.

Il sottoscritto un terremoto lo ha vissuto, ma in modo totalmente diverso da quello dell’Aquila.
Ho raccolto – tramite internet - alcune delle sue esternazioni in merito al terremoto dell’Abruzzo e voglio compararle con il mio terremoto avvenuto il 13 dicembre 1990.

35 ore dopo il sisma,
(Berlusconi) invita la popolazione ''a non tornare nelle case per il rischio di nuove scosse''. Poi la promessa agli sfollati: "Non vi lasceremo soli, la ricostruzione sarà rapida".

A noi, mentre tutti gli organi di informazione diffondevano notizie non veritiere sul terremoto, mentre il Ministro della Protezione civile Lattanzio e la comunità scientifica tacevano sulla eventuale replica del terremoto, venne detto di stare tranquilli e di rientrare nelle case, ma i soccorsi arrivarono solo dopo la seconda scossa.
Ancor prima della seconda scossa (16 dicembre 1990) si cominciò a parlare di rapida e trasparente ricostruzione e che non saremmo stati lasciati soli.
Una settimana dopo il terremoto già si parlava di terremoto “dimenticato”. Come era stata dimenticata la solidarietà. Iniziarono le pratiche della ricostruzione che fu così “trasparente” che per sette anni dopo il terremoto non si vide. Ma fummo costretti a fare le barricate per quasi un anno per avere riconosciuto il diritto alla ricostruzione.


TERREMOTO: 19 giugno 2009 ENTRO SETTEMBRE 91 CASE IN LEGNO PER ONNA

Stabilire i tempi da chi dipende? Dalla “buona” volontà del Premier? Dal rispetto delle leggi? Dalla cura della propria immagine politica? Dal diritto dei cittadini di fronte alla calamità? Le case di latta (il campo conteiner di Augusta è stato smantellato solo due anni fa, 17 anni dopo il sisma.
Appena ieri (22 luglio 2009) la S. V. ha dichiarato:

“stiamo realizzando un miracolo”
Entro novembre 20mila senza tetto dell'Aquila avranno una casa.
"nessuno al mondo" sarebbe riuscito in una tale impresa.
Questo e' un miracolo perche' in Cina, dove c'e' stato un terremoto, sono ancora nelle tendopoli e nelle baraccopoli''

Mi permetta, signor presidente del Consiglio: io sono un credente, ma ritengo che i “miracoli” li sa fare solo “LUI”.
E se a questo la S. V. ha aggiunto che “nessuno al mondo sarebbe riuscito a …..” o mi trovo alla presenza di Dio oppure ….. ci sono vari modi di agire a livello umano, dove talune persone o istituzioni che non fanno quello che dovrebbero fare. (Perché non si fa aiutare dal ministro Brunetta?)
La S. V. ha citato l’esempio della Cina, dove le popolazioni terremotate sono ancora sotto le tende. Nel nostro caso, nel terremoto del 1990, nei nostri riguardi, vuol dire la civile e progredita Italia si è comportata come la Cina arretrata di oggi.

«Per la ricostruzione generale dell’Abruzzo sarà impiegata una cifra pari a quella del ponte sullo Stretto e cioè più di 7 miliardi».
Il governo ha intenzione di completare entro la legislatura i lavori di ricostruzione dell'Abruzzo colpito dal sisma del 6 aprile scorso


Messina, più di cento anni fa, subì anch’essa il cataclisma del terremoto: erano altri tempi ma il sig. Giolitti, suo predecessore, non capì subito che c’erano stati centomila morti e due città interamente distrutte. Per caso il suo governo ha mai pensato alla baracche di Messina? Anziché spendere 7 miliardi di euro per il ponte non sarebbe stato più onesto – anche politicamente- far sparire questa vergogna che già investe sia il Regno d’Italia sia la Repubblica italiana?
La S. V. già profetizza che entro la legislatura sarà completata la ricostruzione. Per la mia ricostruzione di legislature ne sono passate più di quattro e nella stessa legislatura del tempo del terremoto della Sicilia qualcuno parlò addirittura di terremoto “inventato”.

09/04/2009 – Dividere in 100 i progetti della ricostruzione e affidarne la responsabilità a ciascuna delle province italiane


Su questo mi consenta di dissentire, egregio Sig. Berlusconi.
Siamo stati, nel 1990, gli unici terremotati d’Italia nei cui confronti non ci fu alcuna gara di solidarietà.
Forse noi siamo stati “gemellati” con la Cina.


22/07/2009 - 17.30
RICOSTRUZIONE ABRUZZO: BERLUSCONI, NUOVE CASE A PARTIRE DAL 15 SETTEMBRE

ROMA, 22 LUG - Entro novembre 20mila senza tetto dell'Aquila avranno una casa.
16 luglio 2009apcom
Sisma Abruzzo; Berlusconi:Ricostruzione avanti su tempi previsti Tutte le case saranno consegnate entro novembre
Roma, 16 lug. (Apcom) - "Siamo in grado di rispettare i tempi, abbiamo la ragionevole previsione di consegnare tutte le case entro la fine di novembre". Lo ha detto il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, durante una conferenza stampa nella Scuola della Guardia di Finanza di Coppito. Il premier ha anche osservato che i "cantieri aperti sono in anticipo di quattro giorni" sulla tabella di marcia, e quindi "siamo in anticipo con i tempi che erano considerati folli dagli esperti del settore".

Mi scusi la confusione mentale, Sig. Berlusconi: settembre o novembre (ma di quale anno?).
Mi viene in mente un antico proverbio: “ tra il dire e il fare ….”
Mi auguro che riesca a mantenere fede alle promesse, ma per “giustizia” non si possono lasciare indietro quelli che già aspettano da anni il diritto alla casa.

Sisma Abruzzo; Berlusconi:Ricostruzione avanti su tempi previsti

Durante i lavori di una ricostruzione post terremoto in Sicilia mi disse le stesse parole un funzionario locale della Protezione civile: era l’anno 2007. Entro due mesi avverrà la consegna.
Bene: siamo nel luglio 2009. Non ci è stato consegnato niente: giochiamo alla “burocrazia”. Ci vuole il collaudo, e poi il collaudo del collaudo, e poi il collaudo del collaudo del collaudo e poi …..

On. Berlusconi, sono passati OLTRE DICIANNOVE ANNI da quel terremoto.


venerdì 10 luglio 2009 15:04
L'AQUILA (Reuters) - Il governo ha intenzione di completare entro la legislatura i lavori di ricostruzione dell'Abruzzo colpito dal sisma del 6 aprile scorso.
Lo ha garantito il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, in una conferenza stampa a conclusione dei lavori del G8 che si è tenuto nei luoghi colpiti dal terremoto.
Abbiamo spostato il G8 a L’Aquila per portare la solidarietà del mondo all’Abruzzo.


Qualche settimana fa c’è stato il G8 (dell’ambiente) a Siracusa, dove una sua “fan” una certa Stefania Prestigiacomo, non ha portato affatto la solidarietà dei grandi alle popolazioni colpite dall’inquinamento della Provincia di Siracusa.
Chiara scelta politica


…. durante una conferenza stampa nella Scuola della Guardia di Finanza di Coppito. Il premier ha anche osservato che i "cantieri aperti sono in anticipo di quattro giorni" sulla tabella di marcia, e quindi "siamo in anticipo con i tempi che erano considerati folli dagli esperti del settore".
(IRIS) - L'AQUILA, 8 LUG - ''Entro la fine dell'anno faremo un nuovo G8 per vedere gli ultimi sistemi piu' avanzati tecnologicamente per affrontare le calamita' naturali''. Vertice che dovrebbe tenersi nuovamente all' Aquila. Lo ha annunciato il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, nel corso di una conferenza stampa. Il premier ha poi spiegato che per la ricostruzione dell'Aquila ci vorranno ''dai 3 ai 5 anni''. .

Se in Abruzzo siete in anticipo qui siamo in ritardo. Forse perché L’Aquila si trova a 100 chilometri da Roma e la Sicilia a 1000? Non c’è l’aereo di stato? Signor presidente del Consiglio, venga a vedere. In Italia non c’è solo l’Abruzzo. E’ folle pensare che in Abruzzo la ricostruzione si possa realizzare in tre o cinque anni mentre in Sicilia possono passare quasi vent’anni.

Considerato che la zona in cui vivo è la zona più sismica e più pericolosa d’Italia quel G8 di cui ha parlato perché non si potrebbe tenere ad Augusta?

Mi scusi la “supplica” Sig. Berlusconi: non potrebbe fare un “piccolo miracolo” anche per me?
“Finiti i lavori di restauro” (di un edificio storico terremotato) già il 2 maggio 2008 alla data del 23 luglio 2009 il collaudo deve ancora aspettare i tempi della burocrazia?
Distinti saluti.
Brucoli, 23 luglio 2009
Sac. Prisutto Palmiro

0931-981313 – 347197957
palpri@libero.it



lunedì 20 luglio 2009

nelle mani di un carnefice chiamato burocrazia




Egregio Presidente,
quando dalle istituzioni mi viene detto: “Caro Padre, le cose in Italia vanno così”, provo vergogna di essere italiano.
Se poi vedo presidente della repubblica, il capo del governo e il capo della protezione civile fare la spola tra l’Aquila e Roma, dove si promettono rapidissime e totali ricostruzioni, mentre qui ancora attendiamo dal 1990, mi sento insultato.
Dopo il terremoto dell’Abruzzo, ripensando a quello che io ho passato ho detto: “In Italia, dopo il terremoto, lo stato ti consegna nelle mani di un carnefice chiamato burocrazia.
Da quel momento, seppelliti i morti e sistemati alla meno peggio i superstiti, per le istituzioni dello stato, diventi il numero di un fascicolo, uno dei tanti. Chi dovrebbe venirti incontro per mitigare il tuo disagio e la tua sofferenza, pensa solo al suo stipendio o alle parcelle da incassare, alle norme della burocrazia da rispettare. Si pensa solo a mettere a posto le carte e tu attendi, aspetti anni, o meglio, quasi due decenni.
Egregio presidente, il mio ultimo rapporto epistolare con lei risale al 26 gennaio 1998 mentre lei esercitava il ruolo di Ministro degli interni.
Avevo scritto all’allora presidente della repubblica Scalfaro, per protestare contro i ritardi della ricostruzione post terremoto del 1990. L’avevo “costretto” a venire in Sicilia (Siracusa e Noto 11 maggio 1996) con una lunga serie di proteste alle quali, suo malgrado, ha dovuto istituzionalmente dare seguito.
Ciononostante la burocrazia appariva e appare imbattibile.
Nella mia ultima lettera inviata a Lei ed a Scalfaro, chiedevo di rinunciare alla cittadinanza italiana per come lo stato aveva trattato noi Siciliani dopo il sisma del 1990. Chissà se anche lei è uno di quei tantissimi italiani che di questo “mio” terremoto non si ricorda nulla. In una lettera precedente, restituendo carta d’identità e passaporto, preannunciavo anche la decisione che non sarei mai più andato a votare fino a quando non avrei visto sparire l’ultima transenna che mi ricordava il terremoto del 1990.
Ebbene il terremoto del 1990, ad Augusta, è ancor oggi visibile, nonostante sia stato “invisibile” per l’Italia.
Dal 1997 non sono andato più a votare. “Ho trasgredito questa decisione una sola volta nelle ultime elezioni comunali” per tentare di arginare il disastro che stava per abbattersi su Augusta.
Spesso ho ricevuto le lettere pubblicitarie del presidente del consiglio, dei vari candidati a tutti i livelli: erano spesso le stesse persone a cui avevo scritto ma che non mi avevano mai risposto: ovviamente i miei problemi a loro non interessavano, il mio voto sì. Che vergogna!

Egregio presidente, dopo la tragedia dell’Abruzzo, mi sono sentito sempre meno italiano:
Nell’elenco dei terremoti d’Italia quello siciliano non è stato citato;
ai funerali delle vittime del terremoto del 1990 nessuna autorità dello stato fu presente;
nessuna forma di solidarietà ci venne manifestata;
ci venne negata perfino la dichiarazione dello stato di calamità naturale;
per avere la legge sulla ricostruzione fummo costretti a fare le barricate.

In Abruzzo avete abbondato di promesse che suonano come un insulto a chi attende la ricostruzione da quasi vent’anni:
a settembre avrete le case….
In sei mesi la ricostruzione ….
Ebbene nel mio caso di terremotato del 1990 ultimati i lavori di ricostruzione di un’antica chiesa – che di terremoti nella sua storia ne ha subiti tre - (sopravvissuta perfino al terremoto del 1693) attendiamo da 14 mesi il collaudo e il collaudo del collaudo.
Mentre in Abruzzo si recuperano col setaccio perfino i più piccoli frammenti degli affreschi per non perdere la memoria storica, nel restauro del Santuario dell’Adonai di Brucoli (almeno 5 secoli di storia) chi ha “gestito” il progetto ha cancellato anche consistenti parti storiche del monumento.
I lavori che dovevano concludersi in 365 giorni sono durati 2 anni e sei mesi;
la somma stanziata e rimodulata per la ricostruzione (un milione e 150.000 euro – due miliardi e trecento milioni delle vecchie lire ottenuti con le barricate del 1991-) non è bastata a completarla.
Avevamo consegnato un antico santuario (chiesa del 1500 e annesso convento) – ma ancora non ci è stato restituito -
Ce lo vorrebbero restituire sfregiato, mutilato, irriconoscibile.
Bondi, Ministro dei beni culturali non ci ha risposto.
Il ministro Brunetta, potrebbe anche interessarsi del caso, se è veramente esperto nella ricerca dei “fannulloni”.
Le vecchie masserie locali, trasformate oggi in agriturismi o bed&breakfast, sono senza dubbio più belle a vedersi.
Tutto questo grazie alla protezione civile, alla sovrintendenza, e a chi ha diretto i lavori.
Egregio presidente, non dovrebbero esistere terremotati di serie A e di serie B.
Non posso tollerare che in certi luoghi sol perché sono a 100 chilometri da Roma ci si vada due, tre, dieci, diciassette volte e gli altri che si trovano a 1000 chilometri di distanza, ma sempre in Italia, nessuno ci debba venire mai.
Non farò altre petizioni: l’ultima di queste rivolta al suo predecessore nel settembre 2005, con 2500 firme di maggiorenni che invitavano Ciampi a visitare Augusta (30 chilometri da Siracusa) non ha ottenuto attenzione.
Un altro suo predecessore, Cossiga, gennaio 1991, non si degnò neanche di venire a visitare le tendopoli dei terremotati del 1990. Il suo elicottero avrebbe impiegato solo pochi minuti per compiere una doverosa sosta tra i terremotati. La sua venuta in Sicilia era solo una passerella.
Questa è l’Italia che io ho conosciuto. L’Italia che mi ha ferito e a cui mi vergogno di appartenere.
Presidente perché non viene lei ad Augusta? Forse anche lei ha paura?
Distinti saluti.
Augusta, 20 luglio 2009
Sac. Prisutto Palmiro

http://palmiroprisutto.blogspot.com/
http://terremotodeisilenzi.blogspot.com/


AL SIGNOR MINISTRO DEGLI INTERNI
e p. c.
AL SIGNOR PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA

ho deciso, dopo aver attentamente valutato i fatti, di rinunciare alla cittadinanza italiana.
E' stata una decisione sofferta, ma necessaria.
Nelle lettere del 27 ottobre 1997 e del 8 gennaio 1998 indirizzate al Signor Presidente della Repubblica (al quale ho inviato i miei documenti d'identità personali) ho ampiamente spiegato i motivi di questa mia decisione che ritengo definitiva e irrevocabile.
Per il momento non intendo avvalermi del diritto di presentare richiesta di cittadinanza presso altri Paesi.
Chiedo pertanto alla S. V. di voler avviare le procedure per formalizzare la richiesta di rinunzia alla cittadinanza italiana e di volermi illustrare dettagliatamente le conseguenze derivanti dalla mia decisione e di voler informare contemporaneamente sia la Prefettura di Siracusa sia il Comune di Augusta.
Resto in attesa di una sollecita risposta.
Distinti saluti.
Brucoli, 26 gennaio 1998

Sac. Prisutto Palmiro

sabato 11 luglio 2009

SOLDARIETA' E RICOSTRUZIONE




Col G8 abbiamo portato la solidarietà del mondo all’Abruzzo colpito dal terremoto.
Entro settembre (è stato specificato l’anno?) i terremotati avranno una casa.

Solidarietà e ricostruzione.

Sono due parole che mi feriscono ancora, benché dal terremoto del 13 dicembre 1990 siano passati ben 19 anni.
Anche se talune istituzioni si potrebbero sentire offese dalle mie dichiarazioni la verità è questa: di fronte alle calamità naturali non siamo tutti “fratelli d’Italia”, e con l’avvento della Lega ancora di più.
E se a qualche altro potrebbe “dispiacere” c’è un’altra verità scomoda da ricordare: dopo il terremoto o la calamità, spenti i riflettori dei mezzi d’informazione, lo stato ti abbandona nelle mani di un carnefice chiamato burocrazia.
Le calamità avvengono in pochi secondi o minuti: la sofferenza del “dopo-disastro” te la puoi portare avanti per anni o decenni. Ai funzionari del ministero la tua sofferenza non importa: diventi solo il numero di una pratica, di un fascicolo.
Due sono le forme di sofferenza grave del “mio” territorio: una dura da oltre mezzo secolo (è il disastro ambientale); l’altra è quella di aver visto l’incapacità dello Stato - e della Regione Sicilia in particolare –
riguardo alla gestione del dopo terremoto del 1990.
Probabilmente il mio cognome e nome, sulla stampa in particolare – e in internet -, sono legati non tanto al ruolo di prete o di parroco, ma alle vicende socio-ambientali del mio territorio.
Prima ancora del terremoto del 90 mi sono trovato in prima linea sulla questione “salvaguardia del creato”, sicurezza e rischi civili e, mentre aspettavamo l’intervento dello stato per dare sicurezza a questo territorio, è arrivato perfino il terremoto, di fronte al quale lo stato italiano non solo è “fuggito”, ma addirittura ha nascosto tante cose.
Non mi riferisco solo alla “fuga” vera e propria dell’allora ministro per la protezione civile Lattanzio, ma di tutte le istituzioni dello Stato che non furono neanche fisicamente presenti ai funerali delle vittime del terremoto, ma anche al fatto che non ci venne concesso neanche il diritto alla solidarietà.
Solidarietà e ricostruzione:
non mi ricordo, nei giorni seguenti il “mio” terremoto, di partite del cuore, di una tantum per la ricostruzione, di ritocchi del prezzo della benzina per i terremotati, di visite di uomini illustri o potenti, (questi cominciarono a venire alla spicciolata, in forma privata - e rapida - il mese dopo) quando si già si percepiva nettamente l’abbandono dello stato, quando già erano frequenti le manifestazioni di protesta.
È l’unico caso, che io ricordi, nella storia della repubblica italiana, in cui – di fronte a un sisma che aveva provocato 17 morti e 15.000 senzatetto (41 i comuni “toccati” dal sisma in tre province)-, non venne dichiarato lo “stato di calamità naturale” perché …. “non ce n’erano le condizioni”.
“Terremotati e gabbati” sino alla fine di ottobre 1991, quando dopo alcuni giorni consecutivi di fortissime proteste venne tolta l’ultima barricata che isolava Siracusa. Fino a quella data, secondo la servile informazione nazionale, noi siciliani “piagnoni” ci eravamo “inventati” perfino il terremoto per vivere di assistenzialismo.
In realtà era la zona colpita dal sisma che “assisteva” l’erario statale con un gettito stimato allora in 24.000 miliardi di lire (12 miliardi di euro attuali), e che soffriva per le conseguenze di un inquinamento pluridecennale che aveva ferito profondamente persone e territorio.
In segno di “solidarietà” (molto tardiva, ma strappata a forza) il 31 dicembre 1991 venne varata la legge 433/91 quella che finalmente finanziava la ricostruzione della zona terremotata.
3870 miliardi di vecchie lire …… ma in sei anni!
Se poi gli anni effettivi per la ricostruzione sono diventati 14, 15, 19 …. La colpa di chi è? Non certamente dei terremotati. Ad Augusta, epicentro del terremoto del 1990, nel 2009, attende la fine della ricostruzione il palazzo municipale; ad Augusta, dove il terremoto per fortuna o per disgrazia, non provocò nessun morto basta recarsi nella chiesa del cimitero per “ammirare” ciò che provocò il sisma del 13 dicembre 1990. Nessun intervento, se non il “provvisorio” puntellamento dall’anno del terremoto. La piccola chiesa del cimitero di Augusta probabilmente per il suo restauro avrà bisogno di molti più soldi della basilica di Assisi o della cattedrale de L’Aquila. Ecco perché non la si ricostruisce.
Perché per i terremotati dell’Umbria (1997) la legge sulla ricostruzione venne approvata solo dopo 4 mesi?
Lì i riflettori si accesero subito e rimasero accesi per lungo tempo ed anche la macchina della solidarietà si mise in moto a pieno ritmo.
Perché al Molise il presidente del consiglio promise la ricostruzione in due anni dimenticandosi dei terremotati di S. Venerina in Sicilia?
Perché nel recente terremoto d’Abruzzo, il presidente del consiglio, vi si è recato già una dozzina di volte?
Perché questo presidente del consiglio è così prodigo di sorrisi e promesse nei confronti degli abruzzesi?
Perché il G8 si è tenuto a L’Aquila?
Perché così i terremotati abruzzesi avrebbero avuto più solidarietà.
A settembre avrete una casa!!! Ma per costruire, secondo legge, non ci vogliono i tempi della burocrazia?
A volte, ma solo in certi luoghi, e con l’intervento diretto di le fa (magari ad personam) le leggi si possono scavalcare: gli altri aspettino. Anche anni se non sei subito un … utile elettore.
A chi scrive le stesse istituzioni che altrove annunciano tempi brevi stanno facendo aspettare da oltre solo 14 mesi il collaudo di un edificio sacro (Santuario Adonai di Brucoli) già “finito”, ma solo diciannove anni ….. dopo il terremoto.
Non riesco proprio a vedere in che cosa siamo “fratelli d’Italia” dopo il terremoto.
L’Abruzzo non è la Sicilia. Si trova a soli 100 km da Roma. È più facile da raggiungere per tutti i politici, presidente del consiglio in testa: una veloce puntatina, pranzo (non pagato) con i terremotati, promesse e … via.
Forse perché in Abruzzo c’è uno scenario ambientale totalmente diverso da quello della zona nord di Siracusa, epicentro del sisma del 1990.
Qui ci sono decine di stabilimenti inquinanti e pericolosi: qui è pericoloso viverci, è rischioso passarci anche di sfuggita: non ci sono passati neanche quelli del G8 della Prestigiacomo (una gita nella sua azienda di famiglia avrebbe accresciuto certamente il suo prestigio); non ci passò neanche Ciampi quando venne a inaugurare la targa in cui si dichiarava Pantalica “patrimonio dell’umanità”; non ci venne neanche Cossiga dopo il terremoto del 1990.
Solidarietà? Dopo il terremoto del 1990 l’atteggiamento dello stato italiano fu peggio di una pugnalata alla schiena di uno già ferito. Nessuna solidarietà ai Siciliani terremotati. E neanche informazione all’Italia. Tant’è vero che questo terremoto non lo ricorda più nessuno neanche all’Istituto nazionale di Geofisica.
I riflettori qui avrebbero sicuramente illuminato qualcosa che invece bisognava nascondere.
Anche ad Augusta si parlò di … Ricostruzione veloce, trasparente: nel senso che non si vide. Questa poteva e può ancora aspettare.
In compenso, oggi, qui, parliamo di ….. costruzione - rapida -, ma di altri impianti a rischio in una zona a rischio: termovalorizzatore e rigassificatore: in zona sismica di primo grado! Quello che già c’è non era sufficiente? Di sicuro il numero di morti di cancro, di bambini malformati, di aborti terapeutici o spontanei, di morti e feriti negli incidenti sul lavoro nell’area Augusta-Priolo, è certamente più alto di quello di tutti i terremoti accaduti nel territorio italiano dopo il 1990.
Chiedo a tutti coloro che sulla stampa, in televisione, usano le parole “solidarietà e ricostruzione” di ricordarsi che in un’altra zona d’italia (stavolta, ricordandomi del giovane Alessandro Manzoni lo scrivo appositamente minuscolo) queste due parole offendono e feriscono la coscienza di altri cittadini terremotati da tempo, a cui nessuno vuol dare ascolto solo perché hanno la colpa di non vivere a 100 chilometri da roma. A mille chilometri di distanza fare le passerelle è più difficile e più scomodo. Anche per chi ha a disposizione l’aereo di stato, e può trasportare gratis chi vuole.
Se poi magari qualche giornalista volesse venire, dovrebbe farlo in fretta, perché al proprio giornale, le trasferte in Sicilia costano. E poi diciamolo chiaramente: a quale grande testata giornalistica possono interessare i problemi di questa parte della Sicilia visto che solitamente queste hanno la loro sede nel centro nord dell’Italia come le sedi legali delle aziende del petrolchimico siracusano?
Augusta, 11 luglio 2009
Sac. Prisutto Palmiro
palpri2@hotmail.it

domenica 5 luglio 2009

DOPO LA TRAGEDIA DI VIAREGGIO

La tragedia di Viareggio: incidente industriale “a distanza”.

Una tragedia come questa probabilmente nessuno se l’aspettava, né tantomeno gli abitanti di Viareggio.
Si poteva pensare a una tragedia così solo nelle aree industriali a rischio di incidente rilevante, dove i piani di protezione civile ed il PEE (=PIANO PER L’EMERGENZA ESTERNA) dovrebbero essere obbligatori. Viareggio sicuramente non risulta essere uno di quei comuni a rischio. Ha basato la sua economia sul turismo, sul carnevale, su attività sicure: eppure è rimasta vittima, secondo me, “non di un disastro ferroviario, ma di un disastro industriale …. a distanza”.
Ma come si sa, nel “belpaese”, con il senno di poi si risolve tutto. Ma prima deve accadere il disastro con morti, feriti e danni, altrimenti non è successo nulla.
A pochi metri (non più di 25) dalla mia scuola c’è la ferrovia, dove transitano treni come quelli del disastro di Viareggio. Ai miei alunni l’ho detto tante volte: quelle sono “bombe viaggianti”. Ormai la scuola è finita, ma sono certo che l’anno prossimo, il primo giorno di scuola, quando passerà un altro treno come questo, che farà tremare vetri e pavimenti, i miei alunni penseranno sicuramente più che alle mie parole al disastro del 29 giugno 2009.
C’è anche un’altra scuola dall’altro lato della ferrovia, ancora più vicina. Forse al prossimo anno scolastico qualcuno se ne ricorderà.
Ma la ferrovia passa, come a Viareggio, accanto (meno di dieci metri) ai palazzi a 5 piani, addossati l’uno all’altro per centinaia di metri. Basterebbe il semplice deragliamento di un normalissimo treno per provocare una strage.
Ma su questa ferrovia, a binario unico, da Messina a Siracusa, (esempio di progresso e sviluppo nel meridione) passano tutti i tipi di treni: si discuterà per settimane se un treno carico di sostanze pericolose debba transitare attraverso un centro abitato (specie dopo la sciagura di Viareggio) ma da almeno trenta anni ed oltre nessuno discute o si preoccupa più di tanto di quel che qui accade: i treni passeggeri da Augusta per andare verso Siracusa debbono attraversare necessariamente quasi 15 chilometri di stabilimenti chimici e petrolchimici della Sasol, della Esso, dell’Enichem, dell’Erg della dismessa famigerata e letale Eternit. Vale a dire che i passeggeri vanno mandati deliberatamente incontro al pericolo.
Paradossalmente la ferrovia passa a pochi metri anche dalle case ormai disabitate o ancora ostinatamente abitate da qualche irriducibile abitante di Marina di Melilli, il paese raso al suolo dalle ruspe perché aveva avuto la “colpa” di essere nato dove un giorno sarebbe arrivato il “progresso industriale”.
Il treno effettua una fermata anche a Priolo, il paese che anziché fare la stessa fine di Marina di Melilli - per gli stessi problemi - è stato fatto crescere invece proprio in direzione degli stabilimenti industriali, benché fosse già in vigore la “direttiva Seveso”. Questa legge recepita anche dall’Europa vieta di costruire impianti pericolosi vicino alle case, ma non vieta di costruire case vicino agli impianti pericolosi!!?
Se a Viareggio possiamo parlare di un “incidente industriale a distanza” ad Augusta e Priolo possiamo senz’altro parlare di possibilità di “incidente industriale a distanza ravvicinata”, con il beneplacito di tutte le istituzioni.
Quando il 19 maggio del 1985, le 5 esplosioni e i boati dell’ICAM furono sentiti a decine di km di distanza furono gli stessi sindacati a minimizzare, e le istituzioni a dimenticare. (quell’incidente in termini giuridici è stato “archiviato” senza colpevoli perché quella domenica notte provocò “solo” - direttamente o indirettamente - due morti e cinque feriti.
Quando la notte del 13 dicembre 1990 la terra tremò in tre province Siracusa, Ragusa e Catania, collocando il suo “vero epicentro” nell’area industriale Augusta-Priolo-Melilli per sapere del disastro non si dovevano vedere i telegiornali, bisognava venire di persona ad Augusta per capire quanto era accaduto. E a Roma politici e scienziati sapevano, tacevano e, anche deliberatamente, depistavano.
Allora non c’era internet, non c’era you tube, non c’erano blog: i telefonini erano un privilegio di pochi.
Ad Augusta, la popolazione, osteggiata apertamente dalla sovrintendenza, aveva chiesto dopo il disastro dell’ICAM la costruzione di un secondo ponte per tentare di fuggire in caso di disastro.
Nel giorno del terremoto erano iniziati da pochi mesi i lavori per la costruzione del secondo ponte.
Ma ancor prima del 1985, in riferimento ai rischi, ad Augusta si chiedeva di spostare la cintura ferroviaria dal centro urbano, almeno al fine di decongestionare il traffico veicolare; si chiedeva anche con petizioni popolari e pubblici dibattiti di “delocalizzare” (= far spostare fuori del perimetro urbano il deposito costiero di carburanti (denominato Max-Com).
Incidenti industriali, perfino un terremoto di magnitudo “ufficiale” superiore a 5: tutto questo non è servito ad eliminare i fattori di rischio.
Anzi, oggi, assistiamo in pieno centro abitato – oltre al transito dei treni “bomba” - anche al transito quotidiano di decine di autobotti (altre bombe) che vanno a rifornire il deposito costiero collocato tra la stazione ferroviaria e gli edifici civili a ridosso della stazione.
Io conservo ancora la memoria di incidenti simili a quello di Viareggio: Genova, Napoli, Trieste, Trento. A questi probabilmente se ne potrebbe aggiungere un altro: Augusta-Priolo. Anche se qui tutto questo “non può mai accadere”. Chissà perché nell’ottobre 2005, nell’esercitazione “Eurosot 2005” fu ipotizzato proprio un incidente come quello di Viareggio. Era solo un’esercitazione. E, come si sa, nelle esercitazioni tutto finisce bene.
Ovviamente la Magistratura si muove sempre e solo dopo il disastro: ma quando i cittadini denunciano preventivamente? Beh, si beccano la denuncia di “procurato allarme”.
Dopo Sangiuliano di Puglia, dopo L’Aquila, (eventi naturali) perché qualche magistrato ha cercato di trovare i colpevoli tra Amministratori, tecnici o funzionari, perché hanno deciso di indagare persino sulla qualità dei materiali di costruzione? La colpa non è della Natura ma degli uomini. Un processo alla Natura non si potrebbe fare.
Ora, dopo Viareggio, un’altra indagine: con chi se la prenderanno? Staremo a vedere…..
Intanto, nel famoso “triangolo della morte”, Augusta, Priolo, Melilli, il più grande polo petrolchimico d’Europa, uno dei luoghi del mondo dove i rischi sono più concentrati (industriale, militare e sismico), gli attuali governi hanno deciso:
potenziamo il polo petrolchimico, alla polveriera già esistente e perennemente innescata, aggiungiamo anche il rigassificatore.
Poco importa se nella stessa area del petrolchimico Augusta-Priolo-Melilli si sono avuti tre terremoti del IX-X grado Mercalli e uno dell’XI senza contare quelli minori. Poco importa se nella città di Augusta di grandi tsunami (o maremoti) storicamente se ne sono contati 5 contro i 2 di Messina.
I 18 miliardi di euro del polo petrolchimico valgono sicuramente di più delle potenziali 50.000 vittime che il prossimo terremoto annunciato potrebbe provocare.
Prevenire sarà più difficile che seppellire. E come nel passato spesso insieme ai morti vengono seppellite anche le responsabilità. Tante vittime non hanno mai avuto né giustizia ne postumi riconoscimenti. Aspetto di vedere quanti politici parteciperanno in prima fila ai funerali delle vittime di Viareggio.
Non per spirito di polemica, ma il 15 dicembre 1990, in Sicilia, di fronte alle dodici bare (i morti furono in tutto 17) del terremoto del 1990 nessuna autorità dello stato fu presente. (*) E questo non lo dimenticherò mai, anche perché, quasi vent’anni dopo quel terremoto, alcune ferite sono ancora “aperte e visibili”.
E i rischi, sono ancora lì, appena dietro l’angolo. Mi auguro che non venga scritta un’altra triste pagina di storia.
Augusta, 5 luglio 2009
Sac. Prisutto Palmiro
0931.981313
Palpri2@hotmail.it

(*) si temeva una replica catastrofica

giovedì 2 luglio 2009

EUROSOT 2005 GRANDE ESERCITAZIONE GRANDE BLUFF

06 settembre 2005

La storia
Dal sisma del 1169
a quello del 1990


Dieci i terremoti superiori al VI grado Mercalli che hanno colpito Catania e la Sicilia sud-orientale a partire dall'anno Mille. Vediamoli in breve.
1169: la terra trema alle 7 del 4 febbraio. Intesità: X Mercalli. Catania rasa al suolo; migliaia le vittime. Colpito pure il resto della Sicilia orientale; tsunami a Messina.
1352: sisma del VII-VIII Mercalli il 25 di gennaio. Mancano altre informazioni.
1542: la scossa più violenta (VIII Mercalli) alle 15,15 del 10 dicembre. A Catania la terra trema per 12 secondi, ma i danni più gravi nell'area degli Iblei. Almeno 200 i morti.
1693: alle 21 del 9 gennaio scossa dell'VIII Mercalli; alle 13,30 dell'11 gennaio scossa del X Mercalli: colpita la Sicilia sud-orientale. Distruzione ovunque. I morti: circa 30 mila, di cui 12 mila a Catania.
1818: alle 18,15 del 20 febbraio (VII Mercalli) e alle 2,45 del primo marzo (VI Mercalli). Danni e crolli a Catania e in tutta l'area etnea.
1846: alle 19,45 del 22 aprile (VI Mercalli). Crolli.
1848: alle 12 dell'11 gennaio (VII Mercalli). Danni da Acireale a Siracusa.
1990: alle 0,24 del 13 dicembre (VI Mercalli). Colpita Carlentini; 12 morti.

Sempre in prima linea, dalle catastrofi ai grandi eventi
I volontari, l'anima del Dipartimento


L'anima della Protezione civile: sono i volontari, giovani e meno giovani che mettono il proprio tempo libero al servizio della comunità. Tante le sigle in Sicilia. Tutti spinti da un'unica motivazione: l'altruismo. E' dunque logico che il Dipartimento nazionale, ma anche quelli regionali, facciano leva proprio sui volontari. Sono loro i primi a partire quando avviene una catastrofe, ma anche a mobilitarsi in occasione dei grandi eventi, quando c'è da affiancare le forze dell'ordine per gestire le folle. Uno per tutti: i funerali di Papa Giovanni Paolo II. Centinaia le organizzazioni confluite a Roma, decine quelle siciliane. Ma non solo. I volontari sono chiamati in causa anche in autostrada quando si formano code chilometriche. E' quanto accaduto sabato pomeriggio sulla Messina-Catania. Il rimorchio di un Tir si ribalta in galleria, l'Anas tarda a intervenire e sono il direttore regionale della Protezione civile, Salvo Cocina, e il colonnello della Stradale Saitta (che per caso si trovano a transitare) a prendere in mano la gestione dell'emergenza. In una piazzola lì vicino c'è anche una postazione di volontari della Protezione civile: «Siamo stati allertati dalla Polstrada – racconta Pina Zingale – e in breve abbiamo organizzato una squadra di 30 volontari che fino a notte hanno alleviato le difficoltà delle migliaia di automobilisti in coda».


Alfio Di Marco

Alfio Di Marco
Catania. La più grande esercitazione internazionale di protezione civile mai realizzata: è quella che, dal 13 al 16 ottobre, il Dipartimento nazionale sta organizzando nelle province di Catania, Siracusa e Ragusa. Un test «molto importante», come lo definisce lo stesso numero uno di Via Ulpiano, Guido Bertolaso, che vedrà in campo non solo le strutture operative del Dipartimento – dalle forze dell'ordine agli operatori sanitari, dai Comuni e dalla Regione ai volontari –, ma anche squadre di pronto intervento dei Paesi dell'Unione europea, cui si affiancheranno osservatori delle Nazioni Unite e della Nato, per un totale di 500 tra tecnici ed esperti d'Oltralpe. Una quattro giorni in cui Catania sarà il cuore delle operazioni, e il cui obiettivo è la sicurezza: «Davanti alla furia della natura non possiamo farci trovare impreparati».
Del resto, l'amara lezione che l'uragano Katrina ha impartito agli Stati Uniti deve suonare come monito all'intera umanità.
«In caso di calamità – spiega Marcello Fiori, responsabile emergenze del Dipartimento di Protezione civile – il ruolo dell'informazione è decisivo. I cittadini devono sapere che vivono in un territorio a rischio, e che rispetto a questi rischi ci sono dei comportamenti che possono aiutare a salvare la vita e, comunque, essere da supporto ai soccorsi qualora fosse necessario. Non dobbiamo fare come lo struzzo. La Sicilia, il Vesuvio, il delta del Po: il nostro è un Paese bellissimo, ma pieno di rischi naturali».
«L'esercitazione – prosegue Fiori –, che ipotizza un sisma di magnitudo 6.8 (tra il 10° e l'11° Mercalli, ndr), con devastazioni, migliaia di vittime e feriti, serve anche alla Protezione civile: vogliamo testare se davvero tutte le componenti della complessa macchina, in questo caso allargata all'Europa, possano e sappiano lavorare efficacemente insieme. In Italia la Protezione civile è un sistema: non esiste un esercito che fa tutto. Ci sono le forze dell'ordine, i vigili del fuoco, la Forestale, la Sanità, il volontariato, le Regioni, il Dipartimento, per un totale di oltre 21 componenti. Allora, questi 21 componenti devono costituire un team affiatato che in caso di emergenza lavori efficacemente per l'interesse dei cittadini. Ecco perché bisogna mettersi alla prova».
Un tema quanto mai d'attualità, vista la tragedia della Louisiana...
«I rischi naturali ci sono – ribadisce Fiori –. Bisogna abituarsi a convivere con un pianeta che sempre più espone molta parte della popolazione alle sciagure. Laddove si può, come fare a prevenire? Come prevedere? Come affrontare l'evento? Parliamo dei terremoti: la scienza non è ancora in grado di prevederli. E allora, dobbiamo concentrarci sulla risposta da dare in caso di necessità. In emergenza, la priorità è una sola: agire subito. Abbiamo visto cosa è accaduto in America. Per fortuna in Italia abbiamo una linea di comando adeguata, dove si lavora non solo senza stravolgere le competenze altrui, ma coinvolgendo tutti: dal sindaco del centro più piccolo alla presidenza del Consiglio. Il nostro ruolo è quello della cabina di regia».
Ma perché proprio Catania e la Sicilia orientale?
«Perché nell'immaginario collettivo, ma anche nella realtà storica e documentale, questa è una parte del territorio nazionale che ci preoccupa moltissimo, assieme a Messina, al sud della Calabria e al Vesuvio. Sono queste le aree in cui bisogna avere il maggior livello possibile di pianificazione preventiva».
Cosa vi aspettate?
«Per la prima volta sarà testata la collaborazione di una macchina internazionale molto complessa: squadre di soccorso che giungeranno con aerei e navi da Francia, Grecia, Portogallo, Svezia e Gran Bretagna, lavoreranno fianco a fianco con i colleghi italiani. Dovrà essere adottato un sistema unico d'intervento, perché in caso di necessità non vi siano inutili perdite di tempo. Le comunicazioni, ad esempio: ricorderete cosa accadde in Irpinia dove telefoni e ponti radio saltarono e dove soccorritori e vittime rimasero isolati. Ebbene: metteremo in campo un sistema satellitare. Tutti, inoltre, adotteranno il piano di comunicazione italiano e faranno capo a una centrale operativa che impartirà le disposizioni nella nostra lingua e in inglese. Non sarà semplice: ma più ostacoli e più intoppi incontreremo e più avremo la certezza che l'esercitazione sarà riuscita».
E dalla gente cosa vi attendete?
«Una partecipazione costruttiva
: la Sicilia non dovrà stare a guardare, ma dovrà essere protagonista. Molte scuole si sono già messe a disposizione: sarà simulata l'evacuazione degli istituti, come quella degli ospedali. Il porto e di Catania come l'aeroporto saranno scenari principali. Ma non solo: tecnici e volontari simuleranno sopralluoghi nelle abitazioni e sui ponti».
Alla fine...
«Saranno tirate le somme e sarà redatto un documento con l'analisi dettagliata. Lo ripeto: la cronaca quotidiana ci insegna che bisogna essere saggi. Tutti possono avere bisogno di aiuto, anche la migliore protezione civile del mondo, anche il Paese più ricco del mondo».


TRENTOTTO DOMANDE A BERTOLASO DOPO EUROSOT 2005

TRENTOTTO DOMANDE AL CAPO DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE NAZIONALE

1. Dove si trova Augusta?
2. Cosa c’è di particolare ad Augusta?
3. Cosa rappresenta Augusta per la protezione civile?
4. E per il ministero della Salute?
5. E per quello dell’Ambiente?
6. E per l’erario?
7. Augusta è un centro particolarmente “monitorato”? Perché?
8. Cosa le ricordano le seguenti date:
9. 4 febbraio 1169 – 10 dicembre 1542 – 9 e 11 gennaio 1693 – 11 gennaio 1848 – 13 dicembre 1990
10. È vero che nella zona di Augusta ci sono stati anche numerosi e gravi maremoti?
11. Cos’è la faglia iblo-maltese?
12. Cos’è il progetto “POSEIDON”?
13. Quando e perché è stato realizzato e con quali finanziamenti?
14. Come si fa a classificare la sismicità di un territorio?
15. Secondo lei Augusta sarebbe una zona sismica S=9 o S=12?
16. Perché dopo il terremoto del 1990 i soccorsi non furono tempestivi?
17. Perché del terremoto del 1990 non si è mai detto il vero epicentro?
18. E’ possibile che per particolari motivi non si sia detta neanche la verità sull’intensità del sisma del 1990?
19. Come stato possibile far sorgere un polo industriale come quello di Augusta-Priolo in una zona altamente sismica? È realmente possibile la convivenza di un polo industriale così vasto su quell’area?
20. La presenza di basi militari (una della M.M. e l’altra della NATO) all’interno del porto di Augusta non è un ulteriore rischio aggiunto agli altri due?
21. Cosa le ricorda il periodo 1978-1980 nella zona di Augusta?
22. Cosa conosce della storia di Marina di Melilli?
23. Cosa le ricorda la data del 19 maggio 1985?
24. Saprebbe elencare quanti e quali sono gli impianti a rischio nel territorio Augusta-Priolo-Melilli?
25. Cosa le ricorda la data del 30 novembre 1990?
26. Esiste un piano di risanamento ambientale del territorio Augusta-Priolo?
27. È stato attuato? In che percentuale? A spese di chi?
28. Esistono danni alla salute dei lavoratori o della popolazione correlabili all’inquinamento di quella zona?
29. Qual è la situazione ambientale della zona Augusta-Priolo-Melilli?
30. Definirebbe questa situazione: lieve, grave, irreversibile o altro?
31. Si dice che anche la falda è compromessa: perché?
32. Descriva uno scenario realistico di Augusta dopo un disastro “possibile”
33. Esiste un piano di protezione civile realmente conosciuto e sperimentato dalla popolazione?
34. Quale potrebbe essere in Sicilia orientale l’ampiezza di un disastro nella zona Augusta-Priolo?
35. Quanta informazione viene data ai cittadini di Augusta-Priolo su quei rischi con cui devono convivere? Come e con quali mezzi?
36. E’ vero che gli incidenti industriali vengono minimizzati o addirittura tenuti nascosti?
37. Cosa prevedono gli esperti per Augusta a breve, media e lunga scadenza?
38. Ma lei ad Augusta ci abiterebbe?

EUROSOT 2005 E TRAGEDIA DI VIAREGGIO


Egregio Direttore, (del quotidiano LA SICILIA DI CATANIA)
oggi ho letto sul suo giornale gli articoli inerenti la esercitazione internazionale di protezione civile su un ipotetico sisma che dovrebbe avere come scenario la Sicilia Sud-Orientale.
Lo so anch’io come tanti altri: non sappiamo quando, ma proprio qui si attende un “big-one”.
È noto che ognuno cerchi di “tirare l’acqua al proprio mulino” per cui giudico abbastanza “normale” la “catanesizzazione” (=incentrare l’attenzione solo su Catania) del problema da parte del suo giornale e del suo cronista, facendo finta di dimenticare che il rischio più grande è un poco più a sud di Catania, dove le istituzioni e la stessa protezione civile hanno scelto di fare gli struzzi, proprio per l’incapacità di gestire il “disastro annunciato” quando accadrà.

Nell’elenco dei terremoti (anche a livello nazionale) ho notato una “stranezza”: è sparito, come sempre, il nome della città di Augusta, che “stranamente”, pur essendo stata l’epicentro dei terremoti del 1542, del 1693, del 1848 e del 1990 risulta essere una zona sismica “S=9” anziché “S=12”.
È noto che i terremoti sopraddetti (ad eccezione di quello del 1848 di cui ci sono poche notizie) sono stati accompagnati anche da onde di maremoto di rilevante entità. Storicamente, in fatto di grandi maremoti Augusta batte Messina 5 a 2.
Chi le scrive sta ancora pagando le conseguenze del sisma del 1990.

Dall’articolo a firma di Alfio Di Marco ho estrapolato alcuni spezzoni, che riporto e commento:

+++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++
«La più grande esercitazione internazionale di protezione civile mai realizzata: è quella che, dal 13 al 16 ottobre, il Dipartimento nazionale sta organizzando nelle province di Catania, Siracusa e Ragusa. Un test «molto importante», come lo definisce lo stesso numero uno di Via Ulpiano, Guido Bertolaso ……».
+++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++

Sono una singolare coincidenza le date del 13 e 16 ottobre? A me ricordano il 13 e 16 dicembre 1990 (le date del terremoto). Come pure mi ricordano che il terremoto del 90 fu un “affare” per le province di Catania, Siracusa e Ragusa, e un danno per i veri terremotati.
Per il numero uno Guido Bertolaso ho preparato anch’io un “test”. Se questo signore, potesse rispondere pubblicamente a tutte le domande del test di fronte all’Italia, allora esploderebbe il caso Augusta, che non ha nulla da invidiare al Vesuvio, all’Etna, a Messina e a qualunque altra zona a rischio. (glielo invio in allegato)

+++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++
Una quattro giorni in cui Catania sarà il cuore delle operazioni, e il cui obiettivo è la sicurezza: «Davanti alla furia della natura non possiamo farci trovare impreparati».
+++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++

Chissà perché il centro operativo principale “cuore delle operazioni” deve essere sempre distante dalla zona epicentrale. Ovviamente alla propria pelle ci si tiene.
Obiettivo la sicurezza: Io ho la piena consapevolezza di vivere in una zona a rischio, anzi a più rischi, ma ho trovato uno Stato e le sue istituzioni sorde e mute di fronte alle richieste di sicurezza e di informazioni avanzate, da oltre 20 anni, dai cittadini di Augusta.
In occasione del sisma del 1990 Augusta era “preparata” all’emergenza, ma il costoso piano di protezione civile rimase inapplicato. Forse dalla furia della natura ci possiamo difendere, ma dall’incompetenza di una certa protezione civile no!

+++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++
«In caso di calamità – spiega Marcello Fiori, responsabile emergenze del Dipartimento di Protezione civile – il ruolo dell'informazione è decisivo. I cittadini devono sapere …..
+++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++
Il ruolo dell’informazione:
Proprio in occasione del terremoto del 1990, non venne data informazione ai cittadini, vennero fornite notizie false alla stampa (epicentro e intensità), addirittura si tacque sui possibili rischi, si depistarono anche i soccorsi, e si usarono perfino i TG nazionali (del 15 dicembre 1990) per tranquillizzare i cittadini che attendevano a seconda scossa.
Il Commissario governativo Gomez Y Paloma mandato da Andreotti a gestire l’emergenza, pur di non dichiarare lo stato di calamità, lo mise per iscritto nel marzo 1991 alla pag. 14 del suo rapporto sul terremoto di S. Lucia: una pagina che io conosco a memoria:
“LA NOTIZIA, (DELLA SECONDA SCOSSA) PER FORTUNA A CONOSCENZA DI POCHI (SCIENZIATI E MINISTRI) CHE TEMEVANO (COME NEL 1693) UNA SCOSSA CATASTROFICA SUL POLO INDUSTRIALE DI AUGUSTA ….” AVVENUTA POI ALLE 14,50 DEL 16 DICEMBRE …… motivo per cui ad Augusta i «soccorsi con le stellette», pur essendoci 2000 marinai alla base locale della marina militare, arrivarono solo …. dopo sette giorni.

I cittadini devono sapere …… proprio in quella nefasta occasione l’informazione ci è mancata e per di più proprio da parte delle istituzioni.

+++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++
«I rischi naturali ci sono – ribadisce Fiori –. Bisogna abituarsi a convivere»
+++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++

Purtroppo, ad Augusta, non conviviamo solo con i rischi naturali (terremoti, maremoti, frane mareggiate), ma anche con gli altri creati dall’uomo, rischio militare e chimico-industriale, rischi che in altre occasioni si sono combinati rendendo assai problematiche le operazioni di soccorso.
Ricordo che dopo il terremoto del 1990 composi uno striscione: CON I RISCHI POSSIAMO CONVIVERE, CO IL SILENZIO SUI RISCHI NO.

+++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++
«Perché nell'immaginario collettivo, ma anche nella realtà storica e documentale, questa è una parte del territorio nazionale che ci preoccupa moltissimo, assieme a Messina, al sud della Calabria e al Vesuvio. Sono queste le aree in cui bisogna avere il maggior livello possibile di pianificazione preventiva».
+++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++
Di questa parte di territorio “nazionale”, a mio avviso, non ci si preoccupa più di tanto, altrimenti vedremmo stabilirsi qui, vari ministri e tutta la comunità scientifica, trasformando questo territorio in un laboratorio di ricerca d’avanguardia. Si figuri che il progetto POSEIDON è partito solo dopo il terremoto del 1990. Di questo territorio interessano solo i 18 miliardi di euro che, ogni anno, rimpinguano le casse dell’erario, e i prodotti delle raffinerie che qui sono state installate contro ogni logica, prima fra tutte quella della coincidenza tra zona industriale e zona sismica.

+++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++
squadre di soccorso che giungeranno con aerei e navi
+++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++

In una situazione di normalità, a Catania, sì, ma cosa succederebbe oggi se, nel porto di Augusta accadesse uno tsunami, come quello del 1693?
La paura del 1990 fece fuggire l’allora ministro Lattanzio, e i soccorsi “da fuori” arrivarono “prudentemente” solo dopo la seconda scossa; c’era il fondato timore che i primi “eroici” soccorritori sarebbero andati anche loro incontro alla morte.

+++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++
dalla gente cosa vi attendete?
«Una partecipazione costruttiva:
+++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++

Alla protezione civile, così come oggi viene intesa, personalmente non ci credo. Di solito i cittadini sono esclusi, non sono mai stati resi partecipi in prima persona della gestione di un’emergenza.
Ad Augusta, in modo particolare, il fatto di non avere avuto vittime durante il terremoto del 1990, ha creato nei cittadini l’illusione di una certa “invulnerabilità” anche di fronte alle catastrofi. Ne sono prova il fatto che i piani di protezione civile comunale e provinciale sono ancora sulla carta. E nella mia scuola che, dopo 15 anni, reca ancora i segni del terremoto, benché fosse di nuova costruzione, lo scorso anno, sulle quattro esercitazioni previste, ne è stata effettuata solo una, nel mese di maggio. Ma per i ragazzi è stata solo una lezione “saltata” ed un’ora di ricreazione in più.

Egregio Direttore,
già al tempo del sindaco Bianco, a Catania, si facevano “esercitazioni-spettacolo” di protezione civile, e la stessa protezione civile era “spettacolo” quando si interveniva sull’Etna, una situazione di rischio “controllabile”. – Spesso sento dire: “La situazione è sotto controllo” quando invece si dovrebbe dire: “La natura ci tiene sotto scacco”. Ma queste esercitazioni lasciano il tempo che trovano, perché la protezione civile interviene solo dopo le catastrofi per raccogliere i morti, sistemare i feriti ed i senzatetto. O per far fare qualche bella figura al sindaco di turno. O per dare qualche medaglietta a qualcuno. Mi perdonino quei volontari che in buona fede ci credono, e che magari sono spinti da nobili sentimenti.
Sicuramente sarà giusto provare l’efficienza della macchina organizzativa della protezione civile, ma …..
Personalmente aspetto che la protezione civile si ricordi anche di Augusta, dove in fatto di rischi veri non siamo secondi a nessuno né in Italia, né in Europa e, credo, neanche nel mondo.
Augusta, 07 settembre 2005

Sac. Prisutto Palmiro

A Priolo, durante l’esercitazione EUROSOT 2005, fu simulato l’incendio di un carro cisterna: durante l’esercitazione fu tutto OK.
Mi è venuto spontaneo dopo il disastro di Viareggio pensare a quella esercitazione di cui, qui, pochi o nessuno, ha un ricordo di Eurosot 2005.
I carri cisterna, carichi di etilene ed altro ad Augusta passano tutti i giorni tra le abitazioni, le scuole;
i treni passeggeri passano tutti i giorni attraverso la zona industriale sfiorando gli impianti;
ad Augusta ogni giorno le autobotti ricaricano i serbatoi del deposito costiero Maxcom in pieno centro abitato;
ad Augusta-Priolo dovrà nascere contro ogni logica un rigassificatore ….
Il GPL, quello della tragedia di Viareggio, è più pesante dell’aria ed è avvertibile all’olfatto: lì prima si è sparso a terra nel raggio di trecento metri: poi è avvenuta l’esplosione e l’inferno.
Il GNL, ha un comportamento diverso: è inodore, è più leggero dell’aria, quindi sale verso l’alto e se innescato provocherebbe una pioggia di fuoco dall’alto.
Speriamo che un giorno, non si debba parlare di un’altra tragedia evitabile.
Augusta, 02 luglio 2009

Sac. Prisutto Palmiro