giovedì 2 luglio 2009

EUROSOT 2005 GRANDE ESERCITAZIONE GRANDE BLUFF

06 settembre 2005

La storia
Dal sisma del 1169
a quello del 1990


Dieci i terremoti superiori al VI grado Mercalli che hanno colpito Catania e la Sicilia sud-orientale a partire dall'anno Mille. Vediamoli in breve.
1169: la terra trema alle 7 del 4 febbraio. Intesità: X Mercalli. Catania rasa al suolo; migliaia le vittime. Colpito pure il resto della Sicilia orientale; tsunami a Messina.
1352: sisma del VII-VIII Mercalli il 25 di gennaio. Mancano altre informazioni.
1542: la scossa più violenta (VIII Mercalli) alle 15,15 del 10 dicembre. A Catania la terra trema per 12 secondi, ma i danni più gravi nell'area degli Iblei. Almeno 200 i morti.
1693: alle 21 del 9 gennaio scossa dell'VIII Mercalli; alle 13,30 dell'11 gennaio scossa del X Mercalli: colpita la Sicilia sud-orientale. Distruzione ovunque. I morti: circa 30 mila, di cui 12 mila a Catania.
1818: alle 18,15 del 20 febbraio (VII Mercalli) e alle 2,45 del primo marzo (VI Mercalli). Danni e crolli a Catania e in tutta l'area etnea.
1846: alle 19,45 del 22 aprile (VI Mercalli). Crolli.
1848: alle 12 dell'11 gennaio (VII Mercalli). Danni da Acireale a Siracusa.
1990: alle 0,24 del 13 dicembre (VI Mercalli). Colpita Carlentini; 12 morti.

Sempre in prima linea, dalle catastrofi ai grandi eventi
I volontari, l'anima del Dipartimento


L'anima della Protezione civile: sono i volontari, giovani e meno giovani che mettono il proprio tempo libero al servizio della comunità. Tante le sigle in Sicilia. Tutti spinti da un'unica motivazione: l'altruismo. E' dunque logico che il Dipartimento nazionale, ma anche quelli regionali, facciano leva proprio sui volontari. Sono loro i primi a partire quando avviene una catastrofe, ma anche a mobilitarsi in occasione dei grandi eventi, quando c'è da affiancare le forze dell'ordine per gestire le folle. Uno per tutti: i funerali di Papa Giovanni Paolo II. Centinaia le organizzazioni confluite a Roma, decine quelle siciliane. Ma non solo. I volontari sono chiamati in causa anche in autostrada quando si formano code chilometriche. E' quanto accaduto sabato pomeriggio sulla Messina-Catania. Il rimorchio di un Tir si ribalta in galleria, l'Anas tarda a intervenire e sono il direttore regionale della Protezione civile, Salvo Cocina, e il colonnello della Stradale Saitta (che per caso si trovano a transitare) a prendere in mano la gestione dell'emergenza. In una piazzola lì vicino c'è anche una postazione di volontari della Protezione civile: «Siamo stati allertati dalla Polstrada – racconta Pina Zingale – e in breve abbiamo organizzato una squadra di 30 volontari che fino a notte hanno alleviato le difficoltà delle migliaia di automobilisti in coda».


Alfio Di Marco

Alfio Di Marco
Catania. La più grande esercitazione internazionale di protezione civile mai realizzata: è quella che, dal 13 al 16 ottobre, il Dipartimento nazionale sta organizzando nelle province di Catania, Siracusa e Ragusa. Un test «molto importante», come lo definisce lo stesso numero uno di Via Ulpiano, Guido Bertolaso, che vedrà in campo non solo le strutture operative del Dipartimento – dalle forze dell'ordine agli operatori sanitari, dai Comuni e dalla Regione ai volontari –, ma anche squadre di pronto intervento dei Paesi dell'Unione europea, cui si affiancheranno osservatori delle Nazioni Unite e della Nato, per un totale di 500 tra tecnici ed esperti d'Oltralpe. Una quattro giorni in cui Catania sarà il cuore delle operazioni, e il cui obiettivo è la sicurezza: «Davanti alla furia della natura non possiamo farci trovare impreparati».
Del resto, l'amara lezione che l'uragano Katrina ha impartito agli Stati Uniti deve suonare come monito all'intera umanità.
«In caso di calamità – spiega Marcello Fiori, responsabile emergenze del Dipartimento di Protezione civile – il ruolo dell'informazione è decisivo. I cittadini devono sapere che vivono in un territorio a rischio, e che rispetto a questi rischi ci sono dei comportamenti che possono aiutare a salvare la vita e, comunque, essere da supporto ai soccorsi qualora fosse necessario. Non dobbiamo fare come lo struzzo. La Sicilia, il Vesuvio, il delta del Po: il nostro è un Paese bellissimo, ma pieno di rischi naturali».
«L'esercitazione – prosegue Fiori –, che ipotizza un sisma di magnitudo 6.8 (tra il 10° e l'11° Mercalli, ndr), con devastazioni, migliaia di vittime e feriti, serve anche alla Protezione civile: vogliamo testare se davvero tutte le componenti della complessa macchina, in questo caso allargata all'Europa, possano e sappiano lavorare efficacemente insieme. In Italia la Protezione civile è un sistema: non esiste un esercito che fa tutto. Ci sono le forze dell'ordine, i vigili del fuoco, la Forestale, la Sanità, il volontariato, le Regioni, il Dipartimento, per un totale di oltre 21 componenti. Allora, questi 21 componenti devono costituire un team affiatato che in caso di emergenza lavori efficacemente per l'interesse dei cittadini. Ecco perché bisogna mettersi alla prova».
Un tema quanto mai d'attualità, vista la tragedia della Louisiana...
«I rischi naturali ci sono – ribadisce Fiori –. Bisogna abituarsi a convivere con un pianeta che sempre più espone molta parte della popolazione alle sciagure. Laddove si può, come fare a prevenire? Come prevedere? Come affrontare l'evento? Parliamo dei terremoti: la scienza non è ancora in grado di prevederli. E allora, dobbiamo concentrarci sulla risposta da dare in caso di necessità. In emergenza, la priorità è una sola: agire subito. Abbiamo visto cosa è accaduto in America. Per fortuna in Italia abbiamo una linea di comando adeguata, dove si lavora non solo senza stravolgere le competenze altrui, ma coinvolgendo tutti: dal sindaco del centro più piccolo alla presidenza del Consiglio. Il nostro ruolo è quello della cabina di regia».
Ma perché proprio Catania e la Sicilia orientale?
«Perché nell'immaginario collettivo, ma anche nella realtà storica e documentale, questa è una parte del territorio nazionale che ci preoccupa moltissimo, assieme a Messina, al sud della Calabria e al Vesuvio. Sono queste le aree in cui bisogna avere il maggior livello possibile di pianificazione preventiva».
Cosa vi aspettate?
«Per la prima volta sarà testata la collaborazione di una macchina internazionale molto complessa: squadre di soccorso che giungeranno con aerei e navi da Francia, Grecia, Portogallo, Svezia e Gran Bretagna, lavoreranno fianco a fianco con i colleghi italiani. Dovrà essere adottato un sistema unico d'intervento, perché in caso di necessità non vi siano inutili perdite di tempo. Le comunicazioni, ad esempio: ricorderete cosa accadde in Irpinia dove telefoni e ponti radio saltarono e dove soccorritori e vittime rimasero isolati. Ebbene: metteremo in campo un sistema satellitare. Tutti, inoltre, adotteranno il piano di comunicazione italiano e faranno capo a una centrale operativa che impartirà le disposizioni nella nostra lingua e in inglese. Non sarà semplice: ma più ostacoli e più intoppi incontreremo e più avremo la certezza che l'esercitazione sarà riuscita».
E dalla gente cosa vi attendete?
«Una partecipazione costruttiva
: la Sicilia non dovrà stare a guardare, ma dovrà essere protagonista. Molte scuole si sono già messe a disposizione: sarà simulata l'evacuazione degli istituti, come quella degli ospedali. Il porto e di Catania come l'aeroporto saranno scenari principali. Ma non solo: tecnici e volontari simuleranno sopralluoghi nelle abitazioni e sui ponti».
Alla fine...
«Saranno tirate le somme e sarà redatto un documento con l'analisi dettagliata. Lo ripeto: la cronaca quotidiana ci insegna che bisogna essere saggi. Tutti possono avere bisogno di aiuto, anche la migliore protezione civile del mondo, anche il Paese più ricco del mondo».


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