giovedì 21 maggio 2009

13 dicembre 1990: cronache del terremoto scomparso

45 lunghissimi secondi

Pino Finocchiaro

Catania
Era l'una, 24 primi, 34 secondi e 45 centesimi quando si è scatenato l'inferno.
La terra ha vibrato per otto minuti, anche se sono state avvertite dalla popolazione soltanto 40-45 secondi.
E in quegli attimi si preparava già la macchina della protezione civile.
Il prefetto (di CT) Corrado Scivoletto è stato svegliato dallo schianto del grande lampadario di cristallo che ornava la stanza adiacente alla camera da letto di villa Letizia.
A casa di Silvestro Menza, il sismologo dell'osservatorio di Acireale, ha preso a squillare il telefono, ma nessuno ci ha badato. Le mura, i vetri e le suppellettili vibravano ancora. Nessuno ha alzato la cornetta di quel telefono collegato al segnale d'emergenza collegato ai cinque sismografi del collegio Pennisi.
Silvestro si è precipitato al centro di osservazione mentre la gente scappava di casa e , insieme con Rosario Basile si è trovato davanti la traccia di quel terremoto lunga quanto basta a coprire otto tacche, ognuna segnante il trascorrere di 60 secondi.
Al centro di protezione civile di Acireale si incrociano i dati, mentre giungono notizie contraddittorie sull'esito del terremoto del Siracusano. Solo verso le due, le prime squadre dei vigili del fuoco, della croce rossa si muovono con l'obiettivo di rimuovere ballatoi e muri pericolanti, ma la realtà che attende le squadre guidate dal capitano Enzo Andò è tragica, dovranno scavare per ore e ore, sottraendo alle macerie feriti e cadaveri.

Le prime contestazioni riguardano i dati ufficiali forniti dall'istituto nazionale di geofisica quanto alla localizzazione dell'epicentro al largo del Golfo di Noto.Non hanno un numero adeguato di sismografi per calcolare in maniera attendibile la localizzazione - dicono al Pennini - figuriamoci la profondità.
All'istituto internazionale di vulcanologia il vicedirettore Giovanni Frazzetto può ubicare con certezza l'epicentro dieci chilometri ad est di Augusta ma non può ancora farlo per l’ipocentro (ovvero il punto esatto all'interno della crosta terrestre dal quale si è liberata l'energia): “Dobbiamo confrontare i dati con quelli provenienti dalla Grecia, comunque si tratta di un fenomeno che si è prodotto ben oltre i dieci chilometri di profondità, anche la macrosismica conferma la prossimità con la costa di Augusta”.
Purtroppo si ripete anche all'istituto italiano di Vulcanologia il problema di convogliare i dati reperiti da più parti. È la solita storia: si rifilano due o tre sismografi qui altri due lì ,ma non si fa nulla per connetterli in rete e ottenere dei dati fisici attendibili sull'esatta consistenza.
Al mattino, Nello Imposa, ricercatore dell'istituto dei geofisica e geodinamica, ci mostra il terremoto alla “moviola.
Il computer analizza le componenti orizzontali, verticali e longitudinali della massa di energia in movimento nelle viscere della terra.
Anche il computer dell'università smentisce clamorosamente i primi dati. L'energia del sisma si è liberata a soli 36 chilometri da Catania (Augusta!): diventano chiari i motivi della catastrofe che si è abbattuta su Carlentini e il Calatino, che ha messo in ginocchio la praticabilità degli edifici pubblici del capoluogo etneo.
“Potrebbe trattarsi della risposta, in termini geodinamici, al terremoto del Canale di Sicilia del mese scorso - spiega il professore Giuseppe Patanè, docente di geodinamica, direttore scientifico dell'osservatorio di Acireale - e ciò spiegherebbe il motivo per cui il sisma è avvenuto proprio a Carlentini. Se osserviamo uno schema che correa una nostra pubblicazione del 1987, i nostri studi ci portavano a collocare una “barriera di rilassamentoproprio lungo il territorio di Carlentini”.
Purtroppo le pubblicazioni di Geodinamica non sono lette per nulla negli uffici tecnici dei comuni e neppure dagli organi di vigilanza della regione che, piuttosto, nel settore della sorveglianza antisismica può vantare una antica e intemerata latitanza. Da anni si promettono interventi organici, centri di scienza e di eccellenza scientifica. Ma la realtà è poi sempre la stessa. A spiegarci come vanno realmente le cose non restano che un manipolo di ricercatori e qualche scienziato scomodo, come quel Giuseppe Patanè che due anni fa giunse a prevedere il terremoto di Piano d’Api, allora, come oggi, inascoltato.


Hanno agito entrambe onde P e onde S

Acireale
Quando un volontario della protezione civile chiede “E’ un terremoto di tipo ondulatorio o sussultorio?, il tecnico gira le spalle e non nasconde una smorfia.
In effetti questa vecchia terminologia trae facilmente in inganno.
“Ogni terremoto - spiega pazientemente Silvestro Menza - possiede sia una componente verticale che una orizzontale. Inoltre dobbiamo saper distinguere tra le varie componenti del moto.
Per dare un'idea potremmo dire che le cosiddette onde P hanno un movimento trasversale e si comportano pressoché come una molla, mentre le onde S hanno un andamento trasversale, ovvero si diffondono prevalentemente come accadde ad una corda di chitarra quando viene percossa.
Più siamo vicini al meccanismo focale, quello dal quale si esplicherà il terremoto, è più alta sarà l'incidenza di onde p con andamento prevalentemente verticale; il boato che si avverte spesso in prossimità dell'epicentro è dovuto proprio alla propagazione di alcune di queste onde la cui frequenza viene percepita distintamente dall'orecchio umano. Ma mano che ci si allontana aumenta invece la componente S e l'andamento è prevalentemente orizzontale".
-Nel caso di questo terremoto?
“Possiamo dire che hanno agito sia le onde P che S. In che misura lo stabiliranno gli studi successivi.
Pino Finocchiaro

Nessun commento:

Posta un commento